(Venezia 1493 - Ostiglia, Mantova, 1569) poeta italiano. Padre di Torquato, nel 1532 divenne segretario di Ferrante di Sanseverino, principe di Salerno. In esilio fra l’altro a Venezia, Ferrara e Roma, dal 1563 al 1569 fu a Mantova presso i Gonzaga, da cui ottenne vari incarichi diplomatici. Ebbe fama soprattutto per il poema, di 100 canti in ottave, Amadigi (composto tra il 1543 e il 1557, pubblicato nel 1560), la cui materia deriva dal romanzo cavalleresco spagnolo Amadigi di Gaula. Nata nel fervore delle discussioni sul genere epico, l’opera tenta (con risultati sostanzialmente fallimentari) di conciliare la regolarità dei poemi classici con il gusto dell’avventura e del «meraviglioso» tipico della tradizione cavalleresca e sublimato da L. Ariosto. Scrisse inoltre Rime (1531 e 1560) e Odi (1560), notevoli soprattutto per alcuni tentativi di innovazioni metriche; e lasciò una parafrasi della Favola di Piramo e Tisbe di Ovidio, il poemetto mitologico Ero e Leandro e un secondo poema cavalleresco, Floridante, rimasto interrotto al canto XIX.