(Senigallia, Ancona, 1887 - Roma 1957) narratore italiano. Collaboratore della «Voce», esordì nella linea del realismo «provinciale» con le Novelle semplici (1907), cui seguirono altri volumi di racconti e prose varie (La viottola, 1912; Foville, 1914; Piccolo mastro spirituale, 1916), mettendo a punto un’acuta analisi delle «coscienze inquiete», in uno stile fermo e disadorno, immune da tentazioni estetizzanti e bilanciato tra modello verghiano e psicologismo russo. Dall’esperienza di combattente nacquero i diari Dal Carso al Piave (1918), Davanti a Trieste (1918), Come ho visto il Friuli (1919) e, a distanza di anni, il romanzo Cola (1927; poi con il titolo Il soldato Cola, 1935), che fu salutato da Th. Mann come «una delle migliori e più pure espressioni del verismo italiano», capace di elevarsi a «un livello semplicemente umano»; ed è infatti uno dei pochi libri che sa rivivere con autenticità il dramma della guerra, dal punto di vista del fante-contadino vittima di un mondo che non gli appartiene. Negli anni successivi P. approfondì la sua tematica etico-sociale, rivisitando in Racconti cupi (1922) la vita di provincia e spingendosi a costruzioni più solide e complesse, anche sotto il profilo linguistico, con i romanzi Dove è il peccato è Dio (1922) e La terra è di tutti (postumo, 1958).