Massimo Bontempelli è stato uno scrittore italiano. Dopo incerti esordi carducciani, e dopo un effimero accostamento al futurismo, in numerosi saggi (raccolti poi, in gran parte, nel volume L’avventura novecentista, 1938) e dalle colonne della rivista in lingua francese «900» (da lui fondata, con Curzio Malaparte, nel 1926), B. si fece promotore del novecentismo, movimento che, fra gli anni Venti e gli anni Quaranta, contribuì al rinnovamento della nostra cultura. B. teorizzò, e praticò, una sorta di neoclassicismo, ch’egli definì «realismo magico»: un’arte capace di estrarre, attraverso il gioco dell’intelligenza e dell’ironia, il dato fantastico e irreale dalle vicende quotidiane. Al «realismo magico» B. restò sostanzialmente fedele nelle sue numerose opere di narrativa (La scacchiera davanti allo specchio, 1922; Vita e morte di Adria e dei suoi figli, 1930; Gente nel tempo, 1937; L’amante fedele, 1953, premio Strega), il cui elemento caratteristico, sul piano dello stile, è la lucidità della scrittura, capace di avvolgere oggetti nitidissimi in un’atmosfera «metafisica» che può ricordare la pittura del primo De Chirico. Analoghi motivi offrono gli interessanti lavori teatrali, da Nostra Dea (1925) a Minnie, la candida (1927), fino a Cenerentola (1942) e a Venezia salva (1947). Acuti infine i saggi critici, specie quelli (raccolti nel 1964 col titolo Introduzioni e discorsi) su Leopardi, Verga, D’Annunzio e Pirandello.
Fonte immagine: casa editrice Utopia