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Anno edizione: 2018
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Chi se non un genio, o forse un folle, poteva concepire un libro del genere? Ovviamente George Perec che, più di qualsiasi altro scrittore, incarnò entrambe le figure. Un testo difficile, duro, spiazzante a tratti arido quasi privo dei proverbiali giochi linguistici che furono il marchio di fabbrica di GP la cui opera trovò il fondamento principe nella parola a trazione ironica e pirotecnica. La storia è un puzzle che, sotto le finte sembianze di autobiografia, ci guida attraverso due narrazioni apparentemente parallele ma che ,di fatto, in realtà si sovrappongono e si intersecano in un punto determinando una perpendicolarità prosaica. Da un lato c’è la storia personale dell’autore che, altro non è che un tentativo di ricostruire, cercando di assemblare i frammenti, la propria infanzia segnata dalla perdita dei genitori deportati, a cui si affianca una narrazione di fantasia, anch’essa scorporata in due parti, che culmina nell’isola di W vera e propria allegoria dei campi di sterminio nazisti. Ciò che rende l’opera di Perec geniale, vortici linguistici a parte, è il tentativo di raccontare un qualcosa, una presenza nel mondo partendo dal concetto estremo e viscerale dell’assenza in tutte le declinazioni possibili, contemplando quella banalmente fisica fino ad estendere il flusso narrativo ad una geneticamente più eterea e filosofica. Il finale è una scossa elettrica che sconquassa il lettore, George ci conduce all’inferno marchiando il percorso attraverso un gioco linguistico allegorico, senza fare prigionieri. La penna d’oro ci conduce, beffardamente, con una prosa di sublime raffinatezza negli orrori, nella spersonalizzazione dell’individuo. W o un ricordo d’infanzia rappresenta un libro isola, con peculiarità che lo rendono non paragonabile ed assimilabile agli altri lavori di GP. Tuttavia rappresenta il tassello che completa un mosaico fornendoci una chiave per comprendere ed affrontare la dimensione e la complessità dell’Opera di Perec
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