Compositore e direttore d'orchestra austriaco.
Il direttore d'orchestra. Figlio di un piccolo commerciante ebreo, iniziò giovanissimo gli studi musicali, che portò a termine fra il 1875 e il '78 presso il conservatorio di Vienna. Nel 1880 iniziò la carriera di direttore d'orchestra, che doveva condurlo attraverso numerosi teatri d'opera: Bad Hall (1880), Lubiana (1882), Olomouc (Olmütz, 1883), Kassel (1883-85), Praga (1885-86), Lipsia (1886-88 come sostituto di Nikisch; qui, fra l'altro, terminò, strumentò e fece rappresentare l'opera incompiuta di Weber Die drei Pintos), Budapest (1888-91), Amburgo (1891-97). Nel 1897 venne nominato direttore all'Opera di Vienna, dove restò per dieci anni, che divennero mitici nella storia dell'illustre teatro viennese. Nel 1902 sposò Alma Schindler, di 19 anni più giovane di lui (la quale poi, dopo la morte del compositore, scriverà su di lui un volume di ricordi e una biografia). Infastidito dagli intrighi e dagli attacchi di cui era divenuto oggetto, nel 1907 M. accettò un invito del Metropolitan di New York, dove assunse anche la direzione dei concerti della Philharmonic Society. Rientrato in Europa nel 1911, morì a Vienna nel maggio dello stesso anno. Come direttore d'orchestra M. ebbe una fama straordinaria. Probabilmente la sua idea della interpretazione (rivolta con strenuo impegno alla più scrupolosa chiarezza) era tesa ad una sorta di «ri-creazione»: ciò spiega per esempio i suoi interventi sulla strumentazione delle sinfonie di Beethoven. Criteri innovatori introdusse nell'ambito della messa in scena e della regia operistiche.
Il compositore: le fasi creative. La sua attività di compositore – a parte alcune composizioni giovanili andate perdute o distrutte da M. stesso, e la cantata drammatica Das klagende Lied (Il canto di lamento) su testo proprio, per soprano, contralto, tenore, coro e orchestra (1880, poi più volte riveduta) – viene suddivisa, in tre periodi, secondo una partizione in realtà discutibile nella sua esteriorità. Il primo comprende la Prima Sinfonia in re maggiore (1884-88), la Seconda Sinfonia in do minore per soprano, contralto, coro e orchestra (1888-94), la Terza Sinfonia in re minore per contralto, coro femminile, voci bianche e orchestra (1893-96) e la Quarta Sinfonia in sol maggiore per soprano e orchestra (1899-1900). Allo stesso periodo appartengono i 4 Lieder eines fahrenden Gesellen (Canti di un giramondo, 1883-85) per voce e orchestra su testi poetici propri, i tre volumi di Lieder und Gesänge aus der Jugendzeit (Lieder e canti della giovinezza, 1880-83 e 1887-90), per voce e pianoforte, prevalentemente su testi tratti dalla raccolta di canti popolari di Brentano e von Arnim Des Knaben Wunderhorn (Il corno meraviglioso del fanciullo), dalla quale sono tratti anche alcuni dei testi incorporati nella seconda, terza e quarta sinfonia, nonché dieci Lieder aus «Des Knaben Wunderhorn» per voce e orchestra (1892, 1893, 1898). Il secondo periodo comprende invece la Quinta Sinfonia in do diesis minore (1901-02), la Sesta Sinfonia in la minore (1903-04), la Settima Sinfonia in mi minore (1905) e altri Lieder per canto e orchestra: i Kindertotenlieder (Canti dei bambini morti, 1901-04, poesie di Rückert) e i Cinque Lieder di Friedrich Rückert (1901-02), pubblicati insieme ad altri due Lieder aus «Des Knaben Wunderhorn» (1899, 1901), col titolo di Sette ultimi Lieder. Il terzo periodo, infine, comprende l'Ottava Sinfonia in mi bemolle maggiore per soli, doppio coro, coro di ragazzi e orchestra (1906), Das Lied von der Erde (Il canto della terra), sorta di sinfonia di Lieder per contralto, tenore e orchestra (1908), la Nona Sinfonia in re maggiore (1908-09) e la Decima Sinfonia in fa diesis maggiore, rimasta incompiuta (1910). Questa suddivisione in tre periodi può apparire giustificata da alcuni dati: la predilezione per i testi del Wunderhorn nella prima fase, in cui le sinfonie furono tutte legate ad una sorta di «programma», variamente formulato e poi soppresso; l'abolizione di ogni «programma» nella v, vi e vii sinfonia, che sono tutte puramente strumentali e rivelano una costante ricerca di una più rigorosa e stringata logica strutturale, un nuovo interesse per la polifonia e insieme il geniale approfondimento di una strumentazione sempre più originale; infine, negli ultimi anni, dopo l'Ottava (che sta problematicamente a sé) l'approdo al «tardo stile», alla dissolta prosa musicale delle pagine ultime, ormai vicine al clima dell'espressionismo.
Mahler e il «problema sinfonico». La schematicità di questa suddivisione non rende giustizia alla sostanziale unità del cosmo mahleriano, a un'opera che può essere vista come un unico work in progress, in cui Lied e sinfonia si intrecciano organicamente in una prospettiva originale. Se si prescinde da alcuni aspetti della Prima e della Seconda Sinfonia, l'atteggiamento di M. nei confronti del «problema sinfonico» e della musica a programma resta sostanzialmente sempre lo stesso, e l'esistenza di formulazioni programmatiche (poi ritirate) non rivela una posizione diversa. Egli non crede né al classicismo brahmsiano, né all'affermazione da parte della scuola neotedesca della necessità di un «programma»: il suo ricorrere a componenti extramusicali è solo un mezzo (poi abbandonato) per dar voce a una urgenza di comunicazione e va inteso esclusivamente come «programma interiore». Inserendosi originalmente nel dibattito sul «problema sinfonico» (aperto, secondo Bülow, e anche secondo M., dalla Nona di Beethoven), M. sembra volersi integrare nel vivo di una situazione che aveva visto tra i protagonisti Liszt, Bruckner, Wagner, in una prospettiva che recupera idealmente alcuni aspetti del primo romanticismo (si pensi alla scelta, del tutto «inattuale», dei testi del Wunderhorn, ma poi anche a quelli di Rückert e ai versi dello stesso M.): al tempo stesso, tuttavia, la sua opera fu feconda di stimoli decisivi per Berg e Webern (che lo veneravano) e, in minor misura, per Schönberg, sebbene l'armonia di M. e il suo rapporto con la tonalità non appaiano radicalmente innovatori. Infatti si accostò alla tradizione sinfonica con acuta coscienza critica, con lacerata consapevolezza e ansia di verità, esercitando sulle forme tramandate una dolorosa violenza, piegandone gli schemi alla definizione di percorsi sottoposti a una logica deliberatamente dispersiva, ambigua, aperta a direzioni diverse, anche attraverso la smisurata accumulazione di materiali eterogenei. La citazione, la parodia, l'ironia e il sarcasmo entrano a far parte di un universo che ricorre a termini noti per definire un tempo musicale di libertà e duttilità nuove, aprendosi a bruschi dislivelli stilistici, a lacerazioni, a fratture che rimandano ad una impossibilità di conciliazione. Gesti parossisticamente teatrali e momenti di delicato intimismo, vocaboli di innocenza popolare (riscattati dalla loro appartenenza ad una sfera subordinata) e banali musiche di consumo, reminiscenze di marce militari, stilemi da operetta, corali bruckneriani e altri materiali ancora sono fatti convergere in costruzioni sapientissime, che sembrano esplodere in caotica molteplicità, emblema quasi della perdita di un centro e di ogni consolidata certezza. Per questa via la voce di M. si impone tra le più significative che si levarono nel declino dell'impero asburgico, all'inizio del secolo. Tra gli aspetti più rilevanti dell'eredità da lui lasciata alla Scuola di Vienna c'è la definizione di una strumentazione tesa alla massima chiarezza, alla più compiuta individuazione delle linee polifoniche, a una frantumata essenzialità densa di illuminazioni timbriche. Essa si impone con particolare evidenza nella Settima e poi nel clima di mesto distacco che caratterizza le pagine ultime.