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Anno edizione: 2020
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Da guerriero islamista a dialogatore per la pace, attraverso questo libro possente e drammatico Farhad Bitani offre al mondo il vero volto dell’Afghanistan, raccontando in maniera vivida la guerra civile, la violenza gratuita, le perversioni del potere e l’uso della religione come strumento politico.
«Farhad possiede quel genere di dignità che forse è di tutto il suo popolo, a cui noi non siamo più abituati; dignità di persone che forse hanno paura anche di un lieve dolore, eppure affrontano una guerra che sembra non finire mai». - Domenico Quirico
«Un viaggio nell’interminabile notte dell’Afghanistan». - Il Giornale
«Una storia, quella di Farhad Bitani, che rappresenta un percorso personale prezioso per comprendere qualcosa di ciò che è accaduto e sta accadendo in Afghanistan». - La Stampa
Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi trentatré anni di vita. Adesso le racconto. Ho lasciato le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità.
Inizia così la sconvolgente testimonianza di Farhad Bitani, ex capitano dell’esercito, un giovane uomo che ha attraversato da osservatore privilegiato la storia dell’Afghanistan: dal potere dei mujaheddin ai talebani fino al governo attuale, che vive sotto l’ombrello occidentale. Farhad nasce a Kabul nel 1986, ultimo di sei fratelli. Suo padre è un generale dell’esercito di Mohammad Najibullah Ahmadzai, il quarto e ultimo presidente della Repubblica Democratica dell’Afghanistan. Ma, con la presa del potere da parte dei mujaheddin, nel 1992, le cose cambiano. Solo rinnegando il passato e diventando un mujahed, il padre di Farhad avrà salva la vita. Da quel momento l’esistenza del giovane Farhad cambia radicalmente. La sua famiglia si trasferisce in una grande casa, presidiata dagli uomini della scorta. È a loro che Farhad chiede in prestito le armi, per i suoi giochi di bambino. Quello che sogna è un futuro da combattente, alla testa di un manipolo di uomini. Sparare, uccidere, avere potere e ricchezza: non c’è nulla che desideri di più. Ma le cose sono destinate a mutare ancora. Quando i talebani strappano il potere ai mujaheddin, la sua famiglia cade in disgrazia. Mentre suo padre si trova in prigione, Farhad conosce la fame, la miseria, l’indottrinamento forzato all’Islam. Condotto allo stadio, viene costretto ad assistere alle lapidazioni del venerdì, le punizioni per gli infedeli, coloro che trasgrediscono le leggi del fondamentalismo. Sarebbe facile cedere all’imbarbarimento, credere a ciò che viene inculcato, diventare come coloro che professano la pace, alimentando la guerra. Ma se fosse possibile un destino diverso? Si può attraversare l’inferno e uscirne redenti?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
È un libro autobiografico del giovane Farhad Bitani, ex capitano dell’esercito in Afghanistan che decide di abbandonare la sua carriera militare, il suo Paese, per fare ritorno in Italia e impegnarsi come mediatore culturale per promuovere un dialogo di pace e di incontro multiculturale. Nel suo racconto ci presenta l’Afghanistan senza filtri e senza edulcorare alcun episodio. Per questo motivo pagina dopo pagina la lettura si fa a tratti molto difficile e dolorosa per l’efferatezza perpetrata sul popolo afghano dai gruppi (mujaheddin, talebani) che, di volta in volta, detengono il potere. L’Islam viene asservito alle leggi di un io egotista ed egoista, avido di ricchezze e attratto dai più biechi desideri umani, da qui il fondamentalismo che ha snaturato e non ha rispettato le reali lezioni del Corano. Le parole del nonno riecheggiano nella sua mente soprattutto quando il giovane Fahrad si troverà a vivere la realtà italiana e a conoscere meglio le persone attorno a lui, gli occidentali additati come “infedeli”. “Tutte le cose belle, le virtù dell’Islam, le trovi in Europa. Vedi, Farhad, nei paesi europei i diritti umani sono rispettati, i poveri sostenuti e aiutati”. Nonostante gli orrori a cui era stato abituato sin da bambino il “punto bianco” del suo cuore(l’insegnamento della sua mamma che non lo abbandonerà mai) gli impedirà di cedere alla barbarie a cui vogliono costringerlo. Un libro da leggere assolutamente se si vuole davvero comprendere la reale situazione di un popolo allo stremo e di come non sia l’Islam la causa di tutti i mali, ma il fondamentalismo professato da uomini che hanno perso la loro umanità annegata nella violenza più spietata e nel lusso più estremo.
Venuto a conoscenza di questo libro per caso, sono stato subito attirato dalla storia. l'autore racconta la sua vita, le sue esperienze e di conseguenza ciò che accadeva in Afghanistan. Bitani non usa mezzi termini o giri di parole per raccontare gli avvenimenti, descrivendoli in tutta la loro "crudità" e spietatezza.
L'autore racconta il suo Afghanistan. Dopo la premessa, in sei capitoli narra la sua vita dall'infanzia fino al suo arrivo in Italia. Ogni capitolo è preceduto da alcune pagine in cui in maniera molto dettagliata racconta la storia del suo paese. Dopo la parte storica seguono le pagine autobiografiche nelle quali non esita a raccontare le terribili cose che ha visto e che per lui erano la normalità. Questo libro aiuta a capire le drammatiche condizioni in cui vive il popolo afghano. Interessante è l'analisi fredda e lucida di questo autore sul comportamento degli integralisti islamici da cui lui, pur essendo musulmano, prende drasticamente le distanze affermando che tanta violenza non si può giustificare con la religione.
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