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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2016
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Ogni volta che rileggo Il Tristo Mietitore, con incommensurabili emozione e divertimento, non posso fare a meno di associargli questa citazione: " La morte è qualcosa di cui molti di noi trovano spiacevole parlare ma morire è un fatto umano e tutto ciò che è umano può essere nominato e tutto ciò che può essere nominato può essere gestito ". Terry Pratchett ha l'enorme pregio non solo di aver reso nominabile il Tristo Mietitore ma di spingerci a guardarlo con occhi diversi: a non temerlo, a trovarlo interessante, a sentirci persino solidali con lui. E nel momento in cui cambiamo la nostra prospettiva su Morte inevitabilmente vediamo più chiaramente la vita e ne apprezziamo ogni sfumatura. Consiglio a tutti questa breve ma intensa lettura.
Terry Pratchett si dimostra sorprendente come sempre. In particolare nella scelta del protagonista: Morte in “carne” e ossa. Una Morte ,tra l'altro, alla ricerca del senso della vita. In questo episodio della saga di Mondo Disco ,Terry esprime al massimo le sue abilità narrative e con la sua tagliente ironia e forte sarcasmo cattura da subito l'attenzione e la simpatia del lettore.
Morty è un ragazzo apparentemente non troppo sveglio e sicuramente non troppo prestante, cresciuto in un villaggio di contadini. Nessuno riesce a trovare un mestiere per lui, e il tentativo del padre di metterlo in piazza perché qualcuno lo scelga come apprendista fallisce miseramente, almeno finché non inizia a rintoccare la mezzanotte. A quel punto nel villaggio irrompe a cavallo uno strano figuro scheletrico, che tutti si ostinano a visualizzare come un uomo fin troppo normale, e designa Morty come suo apprendista: Morte, infatti, ha deciso di prendersi un piccolo aiutante. La maggior preoccupazione di Morty sembra quella di assumere le caratteristiche fisiche del suo maestro, ma Morte lo tranquillizza a riguardo. Il ragazzo decide allora di seguirlo: quante altre persone hanno avuto la possibilità di diventare apprendisti di Morte? La vita nella strana dimensione in cui Morte abita scorre tranquillamente, se non fosse che il tristo mietitore continua ad ammiccare curiosamente al fatto che tutto ciò che possiede un giorno apparterrà alla sua figlioletta adottiva Ysabell. Le allusioni sono accompagnate da maliziosi occhiolini –per quanto possa occhieggiare uno scheletro senza palpebre- e allegre sgomitate, ma Morty continua a non cogliere. Presto viene il momento di seguire le orme del maestro: Morty dovrà tagliare il legame tra corpo e anima di un’anziana strega, di un monaco col vizio di reincarnarsi continuamente, e di un’avvenente principessa quindicenne già incontrata durante un giro dimostrativo culminato con la morte del padre regnante. Peccato che, con quest’ultima, Morty sbagli il colpo e uccida involontariamente l’assassino che avrebbe consegnato il trono nelle mani del malvagio zio della ragazza. E peccato che il regno del malvagio zio sarebbe stato seguito da anni di abbondanza e prosperità. Peccato, inoltre, che il Mondo non abbia accettato la non-morte di Keli, che si ritroverà ignorata da tutti. Peccato, soprattutto, che il paradosso rischi di degenerare in catastrofe, e Morty, posto che il maestro ha deciso di prendersi una vacanza, dovrà risolvere il pasticcio da solo. Terry Pratchett questa volta ce la fa. La sensazione che provavo nel terminare i libri precedenti (Il colore della magia, La luce fantastica, L’arte della magia, Il tristo mietitore) era di evidente insoddisfazione: l’idea generale di ognuno di quei romanzi è geniale, esilarante, e, traduzione permettendo, la prosa di Pratchett è demenziale, divertente senza mai essere volgare, gremita di quel british humour che caratterizza i suoi romanzi. Il problema evidente di Pratchett, nei quattro esempi che ho citato, è quello di mettere al fuoco così tanta carne che finisce per carbonizzarsi tutta: la narrazione è spezzettata e confusionaria, i personaggi sono troppi e spesso non vengono nominati dando per scontato che il solo riferimento a determinate caratteristiche fisiche li renda immediatamente riconoscibili al lettore, e i singoli intrecci che conducono ad un unico finale sono eccessivi. Di fatto, poi, il finale del romanzo è sempre affrettato e, anche quello, così confusionario che spesso chiede di essere riletto. Il talento di Pratchett, lasciando ovviamente da parte l’humour e la prosa semplice e gioiosa, è la caratterizzazione dei personaggi: e in Morty l’apprendista (titolo originale: Mort) l’autore ne dà un’ottima dimostrazione. L’ampio spazio dato al comico e dignitoso Morte -il personaggio che preferisco nell’intero Mondo Disco-, la concentrazione sull’unico punto di vista di Morty e sulle sue vicende, per una volta lasciando da parte intrecci e sottointrecci confusionari, nonché il suo non scadere in trovate eccessivamente originali (non dimenticherò mai la generazione spontanea di mondi-centri commerciali in un romanzo che poteva sfiorare l’eccezionale se si fosse concentrato solo sul licenziamento di Morte –mi riferisco a Il tristo mietitore) ne fanno al momento il mio romanzo di Pratchett preferito.
Recensioni
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