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Anno edizione: 2003
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"Tre croci" è un romanzo breve pubblicato da Federigo Tozzi nel 1920, uno dei suoi più celebri. Il romanzo fu giudicato da molti come un capolavoro del realismo. La storia è ambientata a Siena e narra la tragica vicenda di tre fratelli, Niccolò, Giulio ed Enrico Gambi, proprietari di una bottega antiquaria di libri, quadri e altri oggetti. Un amico, per aiutarli in un momento di difficoltà economica, li ha garantiti presso una banca con una cambiale, rinnovandola per le prime scadenze. Ma l'inettitudine agli affari dei tre fratelli impedisce loro di prendere le iniziative necessarie per fare fronte al debito; all'arrivo della successiva scadenza, non osano più chiedere il rinnovo delle cambiali al loro benefattore. Allora Giulio, il più anziano, mettendo a frutto la sua abilità nell'imitare le scritture, comincia a presentare alla banca, per il rinnovo, una cambiale falsa. L'operazione si ripete altre volte finché l'inganno viene scoperto. Da questo momento in poi, sarà una celerissima discesa all'Inferno. E qui mi fermo. Che dire?... Unitamente a "Il podere" e a "Con gli occhi chiusi", "Tre croci" rientra nei romanzi di Tozzi sull'inettitudine, forse uno tra i romanzi simbolo degli inetti in letteratura. Nella postfazione all'opera dell'edizione Vallecchi in mio possesso, Carlo Cassola scrive: "^Tre croci^ non è certo un idillio: è il resoconto di una catastrofe". Realismo, inettitudine, catastrofe o meno, siamo in effetti dinanzi a un vero capolavoro. Obbligatoria la lettura!
L’ho letto per la mia tesina e l’ho trovato molto bello e unico nel suo genere. È un libro che si legge velocemente (non è noioso) e che ti fa apprezzare l’autore: Federigo Tozzi.
È la storia dei fratelli Gambi, tre uomini che, a modo loro, commerciano nel mondo della cultura: Giulio ha una libreria antiquaria, Niccolò commercia dei falsi, ed Errico che è il fratello rilegatore. Tre caratteri ben distinti. Il fratello Giulio si assume tutte le responsabilità e mantiene in pratica la famiglia, compresa quella di Niccolò. Questi è invece il classico toscanaccio dal sarcasmo tagliente e con il naso per gli affari. Infine Errico che non gli va di lavorare e beve. Questi tre fratelli, però, non sono assolutamente degli stinchi di santo, anzi organizzano una truffa ai danni di un loro cliente, falsificando periodicamente la sua firma e prelevando così dei soldi sul suo conto in banca. È Giulio l’artefice di tutto ciò. Gli altri non sono propriamente d’accordo ma continuano comunque a mangiare nel piatto in cui sputano. Da un punto vista stilistico il libro pare avere due anime. Fin quando la truffa funziona, il Tozzi riesce con la sua forte parlata toscana a creare degli ambienti, dei colori, delle situazioni che a me personalmente hanno ricordato il teatro pirandelliano. La sua vena narrativa è marcata però da un maggior sarcasmo, ne è prova questo simpaticissimo scambio di battute: - Non capisco come si possano buttare via i denari per comprare la carta stampata! Io sto qui dentro, sacrificato tutto il giorno; non vedo mai di che colore è il cielo; m’è venuto a noia perfino a toccarli, i libri! Bella cosa sarebbe mandarli tutti al macero! - ma lei è così intelligente, e parla sul serio a questo modo? - Sono stato intelligente. Ora è finita. Ho quarant’anni. Quando la truffa viene scoperta, la tonalità della narrazione cambia del tutto. Da quel momento in poi il testo diventa più cupo, triste, introspettivo. Giulio si ammazzerà impiccandosi nella libreria. Niccolò morirà poco dopo di un colpo apoplettico, mentre il terzo fratello diventerà un barbone. Il libro è stato pubblicato nel 1920 dall’editore Treves. L’autore muore il 21 marzo di quell’anno e il suo valore non sarà riconosciuto dalla critica. Una copia del suo romanzo appena stampato fu messo nella sua bara al momento della sepoltura.
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