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All'improvviso, non annunciato, misterioso: il silenzio. La tecnologia digitale ammutolisce. Internet tace. Tutti gli schermi diventano neri. Don DeLillo ha disegnato la mappa per muoversi in questa nostra nuova era oscura.
«La sua capacità di raccontare le emozioni del tempo presente è unica. DeLillo è un genio» – The New York Times
Manhattan, 2022. Una coppia è in volo verso New York, di ritorno dalla loro prima vacanza dopo la pandemia. In città, in un appartamento nell'East Side, li aspettano tre loro amici per guardare tutti insieme il Super Bowl: una professoressa di fisica in pensione, suo marito e un suo ex studente geniale e visionario. Una scena come tante, un quadro di ritrovata normalità. Poi, all'improvviso, non annunciato, misterioso: il silenzio. Tutta la tecnologia digitale ammutolisce. Internet tace. I tweet, i post, i bot spariscono. Gli schermi, tutti gli schermi, che come fantasmi ci circondano ogni momento della nostra esistenza, diventano neri. Le luci si spengono, un black-out avvolge nelle tenebre la città (o il mondo intero? Del resto come fare a saperlo?) L'aereo è costretto a un atterraggio di fortuna. E addio Super Bowl. Cosa sta succedendo? È l'inizio di una guerra, o la prima ondata di un attacco terroristico? Un incidente? O è il collasso della tecnologia su se stessa, sotto il proprio tirannico peso? È l'apparizione di un buco nero, l'aprirsi di una piega dello spazio e del tempo in cui le nostre vite scivolano inesorabilmente? Di certo c'è questo: era dai tempi di Rumore bianco che Don DeLillo non ci ricordava con tanta accecante precisione che viviamo, disperati e felici, in un mondo delilliano.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Assai interessante ed intrigante romanzo breve ispirato agli scenari catastrofici della fase storica che viviamo e che è stata correttamente definita da alcuni come “era pandemica”. Si tratta infatti di storie parallele che hanno per protagonisti alcuni amici in occasione di un incontro in una casa privata per assistere alla partita di Super Bowl, il grande evento sportivo americano per antonomasia e sorta di classico rito collettivo paragonabile a quelli calcistici delle nostre latitudini. In questo frangente, una tempesta di campi magnetici solari si scatena proprio in quell’occasione creando un black-out metropolitano generalizzato e una situazione di disorientamento ed ansia collettiva che si ripercuote ovviamente sulle storie parallele di ciascuno dei partecipanti alla serata. Ironia, gusto del divertimento e del paradosso, avvincente e puntuale riflessione-apologo (con narrazione ad incastro e toni e ritmi degni di un film) sono gli ingredienti principali di questo stimolante testo sui tempi di sconvolgimento generalizzato che questo spezzone di millennio segnato da vorticose e drammatiche trasformazioni ci sta riservando.
Una premessa gigantesca che mi ha fatto pensare che potesse soltanto esser sviluppata nel migliore dei modi. Tutt’altro purtroppo: Delillo sviluppa una narrazione sterile e che non riesce mai davvero ad entrare nella profondità dei suoi personaggi. Un enorme nulla di fatto.
Dialoghi rarefatti, in un mondo, “regno dell’esistenza mortale”, in cui improvvisamente si zittisce il flusso di informazioni e di colpo viene recisa la connettività. L’attenzione si concentra su una società annichilita, sull’”insonnia di massa di questo tempo inaudito” (“cos’è che vedono gli altri quando camminano per strada e si guardano a vicenda?”). Detta così sembra un miscuglio di sacrosante ovvietà, l’anno zero, il cortocircuito tanto atteso e profetizzato (è questo l’abbraccio casuale che segna la caduta della civiltà mondiale?”). Ma è un tuffo nel mondo delilliano ad accoglierci quando ci tappiamo le orecchie e ci immergiamo nel suo Silenzio. Nessun moralismo, nessun insegnamento. Altrimenti non sarebbe DeLillo. Ridotti a un grumo nero riflesso sugli schermi oscurati che si ritrovano a fissare, i personaggi si perdono (più che ritrovarsi) in dialoghi che altro non sono se non mere articolazioni di parole, sillabe che si susseguono fino a non lasciare traccia del loro significato. Parole svuotate, banali, anche quelle che normalmente saprebbero di genialità. “È naturale in momenti come questi pensare e parlare in termini filosofici, come alcuni di noi stanno facendo? Oppure dovremmo avere un atteggiamento più pragmatico? Qualcosa da mangiare, un luogo dove stare riparati, amici, tirare lo sciacquone, se possibile? Tendere alle cose fisiche più semplici. Toccare, percepire, mordere, masticare. Il corpo alla fine fa di testa sua”.
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