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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
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Un romanzo epico e tragico. Il ritratto conturbante di una donna che rappresenta, con le sue contraddizioni, un intero Paese.
Tutti i bambini della regione di Gaomi sono venuti al mondo grazie alle cure e alla sapienza di Wan Xin, l'unica levatrice della zona. Il suo è un talento naturale che in breve tempo la fa diventare l'amata custode dei segreti della maternità. Ma quando, a metà degli anni Sessanta, il Partito le chiede di mettersi al servizio del programma di controllo delle nascite, lei – per coerenza, per fedeltà, per debolezza – accetta, e da eroica dea della fertilità si trasforma in boia inesorabile di nuove vite. Finché, in una drammatica notte di molti anni dopo, tornando a casa, si smarrisce in una zona paludosa: il gracidare delle rane le ricorda il pianto dei bambini mai nati, e i corpi gelidi degli animali, come piccoli feti abortiti, la circondano, la ricoprono, spingendola a confrontarsi con le sue colpe e a ripensare la sua intera esistenza.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non so perchè ma mi aspettavo molto di più da questo libro. L'epopea di una famiglia nel periodo del controllo delle nascite in Cina. La dedizione di un medico donna al partito e la perdità di umanità nell'ottemperare ad un ordine, nel seguire un ideale, una fede politica. Mi aspettavo che l'aspetto psicologico della protagonista fosse al centro del romanzo, ma così non è. Un pò delusa.
Uno dei libri più interessanti che ho letto, ma che allo stesso tempo non è riuscito a convincermi del tutto. La tematica affrontata è principalmente la politica del figlio unico attuata in Cina addirittura fino a pochissimi anni fa e Mo Yan ci racconta con grande realismo e in modo dettagliato tutto ciò che si era disposti a fare per obbedire alla volontà del Partito. L'autore si serve della figura di Wan Xin, levatrice tanto ammirata perchè a lei si deve la nascita di quasi tutti i bambini della regione a nordest di Gaomi e allo stesso tempo odiata ferocemente quando diventa la "persecutrice" di ogni donna rimasta incinta del secondo figlio dopo l'entrata in vigore della brutale politica del controllo delle nascite. Il romanzo è in alcune parti estremamente crudo, quasi feroce e la cosa sconvolgente è la naturalezza con cui Mo Yan descrive anche le scene più dure, proprio per farci capire che era esattamente così che andavano le cose, che per la popolazione tutto ciò che turba il lettore era purtroppo perfettamente normale. La voce narrante è quella del nipote di Wan Xin che racconta non solo la sua storia, ma anche quella di questa donna forte, indipendente, severa e fedele alla volontà del Partito a volte fino all'eccesso. Mi è piaciuto accompagnare la donna nella sua vita, dagli albori della sua professione fino alla vecchiaia, quando il rimorso delle azioni feroci da lei compiute e il ricordo delle migliaia di bambini che a causa sua non sono mai venuti alla luce tormentano ogni sua giornata. Ho apprezzato moltissimo anche il continuo accostamento tra le rane e il pianto dei bambini (da qui l'emblematico titolo del romanzo); non a caso Wan Xin ha paura del gracidare delle rane, ha il terrore delle loro zampette fredde sulla pelle perchè le ricordano continuamente la voce dei bambini che, nel bene e nel male, sono stati l'essenza di tutta la sua vita. E non è un caso che lo pseudonimo di suo nipote, nonchè nostro narratore, sia appunto "Girino".La domanda che ci si continua a porre è: ma è davvero colpa di Wan Xin? Avrebbe potuto opporsi al Partito? È davvero un'assassina o una pedina nelle mani di un potere più forte? Devo dire che all'inizio ho trovato qualche difficoltà nella lettura, principalmente perchè nella storia sono molti i riferimenti ad avvenimenti della storia cinese che io purtroppo non conoscevo e che non sempre riuscivo a cogliere e questo è stato anche uno degli aspetti più interessanti perchè mi ha fornito innumerevoli spunti di riflessione. La cosa che però non mi ha convinto è la scarsa introspezione dei personaggi, dovuta ad un modo secondo me eccessivamente pragmatico di Mo Yan di narrare e descrivere situazioni e sentimenti. Questo infatti non mi ha permesso di legare con nessuno degli attori della vicenda e anche quando si affrontano temi delicati come il senso di colpa che attanaglia la vita di Wan Xin, io non ho percepito chiaramente il suo dolore e il suo tormento proprio perchè il tutto è costantemente ammantato da una concretezza che a volte sembra sfociare in freddezza. Una delle cose che mi è piaciuta di più è il modo in cui è affrontato il tema della maternità, declinato in ogni sua sfumatura e narratoci da diversi punti di vista, arrivando anche a toccare il tema della maternità surrogata e di quella che oggi potremmo definire "gravidanza isterica". Alle donne infatti è assegnata una parte fondamentale nella vicenda, ne conosciamo diverse e attraverso le loro vicende Mo Yan ci restituisce il ritratto fedele della condizione femminile della Cina del tempo, in particolare nei piccoli villaggi rurali, aspetto molto interessante di cui non sapevo quasi nulla.
Il libro racconta la storia di Wan Xin, chiamata da tutti la "zia", una ginecologa che ha vissuto nella Cina di Mao, della Rivoluzione Culturale fino a quella odierna. È scritto dal nipote della zia sotto forma di lettere indirizzate al figlio di un generale giapponese che durante la guerra aveva sequestro Wan Xin. Si compone di cinque parti, di cui l'ultima è la commedia teatrale vera e propria che il nipote si prefigge di scrivere. L'ambientazione della storia è la stessa di "Sorgo Rosso", cioè quella zona a nord-est di Gaomi che altro non è che la zona originaria di Mo Yan stesso. La zia, di nobili origini, figlia di un medico che diventa eroe nazionale, studia medicina come il padre e diventa la prima ostetrica ad usare le nuove tecniche per il parto. Si sostituisce così alle cosiddette "mammane", che facevano nascere i bambini con atroci pratiche violente. Le donne, poco a poco, la accettano e così, con la sua bicicletta, la zia si muove di paese in paese per far nascere bambini. Ben presto però si afferma in Cina una ferrea politica di controllo delle nascite, per cui la zia si trasforma in colei che costringe ad abortire donne che fanno più dei figli consentiti. Agli uomini recidivi pratica la vasectomia ed una squadra di persone agli ordini della zia viaggia per punire chi si ostina a fare figli oltre i numeri massimi stabiliti. La zia è un personaggio coraggioso, che mai si è piegata a nessun uomo o autorità. Di una sola cosa ha paura....delle rane. Che simbolicamente rappresentano il vagito di tutti i bambini che ha fatto nascere in vita sua, ed ovviamente anche di tutti coloro ai quali ha impedito di venire al mondo. Come sempre nei libri di Mo Yan si ha bisogno di un po' di tempo per abituarsi al suo stile narrativo, fatto di continui salti temporali e di un'abbondanza di aggettivi quasi fastidiosa. Ma, una volta entrati nel suo mondo, non si può non essere affascinati dal suo modo di raccontarci un pezzo di storia così importante della Cina.
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