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Anno edizione: 2024
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Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, madre dell’autore del Gattopardo, e autrice a sua volta di un’opera di cui non si sono salvate che poche pagine, diventa protagonista di questo romanzo grazie a Ruggero Cappuccio, il solo scrittore che poteva – per cultura, sensibilità, storia personale – ridarle vita.
«Quando capì di aver vinto il duello con se stessa?»«Non ho mai capito di averlo vinto. Ho capito soltanto che i duelli tra l’amore e il dolore finiscono sempre in parità.»
Nove maggio 1943, Palermo è stata da poco bombardata e una donna in tailleur nero cammina tra le macerie per riprendere possesso del suo palazzo di famiglia. Si tratta di Beatrice Mestrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, ossia la principessa di Lampedusa. Una donna che vede nelle case crollate la metafora delle nostre vite fatte di macerie interiori che non ci hanno ancora distrutto del tutto, ma che restano la base per la ricostruzione. Una storia straordinaria in uno dei più delicati momenti storici del nostro paese. Ruggero Cappuccio ancora una volta in questo romanzo riesce nella magia di mescolare storia, cultura e letteratura in una forma narrativa che scorre veloce ed avvincente.
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Un libro scorrevole, ma ancora di più un invito a riflettere sui valori simbolici che esso custodisce. E che pagina dopo pagina rivelano la bellezza di questa storia!
Maggio 1943. Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, principessa di Lampedusa, attraversa Palermo, città deserta e silenziosa, per riprendere possesso del palazzo di famiglia. L’incredulità e il dolore davanti ai cumuli di macerie e rovine provocati dai bombardamenti alleati, che altera l’equilibrio emotivo in bilico tra l’emozione felice del ritorno e il rischio di una caduta nell’abisso, trapassa dagli occhi al cuore e con questa immagine, con questo ritorno, Ruggero Cappuccio apre La principessa di Lampedusa e ci immerge nella storia. In via Lampedusa la principessa è colta da un forte senso di straniamento, è come se la consistenza del suo stesso essere si sminuzzasse in innumerevoli frammenti, assimilabili ai cocci delle case distrutte, quasi che quelli siano lo specchio di questi. Tutto e niente sembra appartenerle di quel luogo devastato, in cui non c’è più un dentro né un fuori e persino il tempo si è fermato. Il presente è solo una sensazione transitoria di cui non si ha piena coscienza, forse non ha neppure un senso (se il senso del tempo “si accorda soltanto a una promessa di futuro”). Esiste solo il passato, simboleggiato dallo stemma di famiglia, l’unico oggetto ad aver conservato l’integrità: “‘U Gattupardu”. È il medesimo sentimento, quello dell’estraniamento da sé, provato dalle persone che incontra lungo le vie di una Palermo in fiamme, nei cui occhi non vi legge solo tristezza, bensì anche dignità nella consapevolezza della tragedia. E negli occhi di Eugenia Bonanno che la osserva da dietro la finestra di casa sua, cosa c’è? La speranza della salvezza che può arrivarle soltanto da quella bellissima e misteriosa principessa. Che si tratti di Eugenia o di suo figlio Giuseppe, La principessa di Lampedusa di Ruggero Cappuccio ci mette tutti, indifferentemente, di fronte a una domanda e a una scelta: cosa vogliamo essere? Vogliamo diventare noi stessi o morire?
Una scrittura che nell'incipit mi ha disorientata, ma che poi è diventata accattivante, direi seducente, come la Principessa di Lampedusa. Una figura fuori dagli schemi, che in una Italia e in una Sicilia costrette a cambiare dagli eventi drammatici della guerra, trova una Ragione per continuare a vivere, una Ragione superiore alla definizione del suo stato sociale, una Ragione che non la rende anacronistica per i suoi tempi, ma che ne sublima l'essere intimamente - e non socialmente- la Principessa di cuori, della rinascita dell'anima di sè e di chi le sta accanto. Principessa è colei che sopravvive alla morte, nella rinascita di chi l'ha conosciuta, perchè di quella rinascita ne è stata partecipe. Bello!!! Una lezione sulla nobiltà d'animo e sulla vita che rimane oltre la vita!
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