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Anno edizione: 2017
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Un libro che solo a sfogliarlo intriga e desta interesse. Questo intercalare di immagini, disegni, mezzi volti, hanno subito catturato la mia attenzione, quasi come se l'autore avesse creato un dedalo di parole e colori dal quale il lettore difficilmente riesce a uscire. Il tema è la coscienza umana per la quale un Galileo sul finir del proprio cammino di vita, intraprende un viaggio. Un viaggio metaforico ovviamente, a tratti onirico, senza spazio e tempo conseguenziale, quasi un caleidoscopio nel quale si alternano personaggi di scienza e della storia, Darwin, Bruno, Turing, Freud, il Cardinale Bellarmino, etc., più o meno conosciuti, ma tutti con qualche cosa da dire e apportare a completamento della conoscenza delle coscienza. La coscienza, il ?, che è nel cervello o forse è il cervello, si ma quale cervello. Un cervello dissociato nei due emisferi, che vede ed interpreta il mondo in maniera differente a seconda che prevalga quello sinistro o quello destro? O quello dell’epilettico, o quello che percepisce i colori come suoni e viceversa? Di quale coscienza, frutto dell’integrazione neurale delle diverse parti, è bene parlare? In ogni caso sembra essere la conoscenza che ci relaziona con il reale, e che è responsabile nel creare il mondo dal reale percepito. I dubbi rimangono ancora, ma la visione, dopo aver letto il libro, appare un po’ più chiara e completa. La lettura comunque non è sempre agevole, a volte l’autore sembra lasciarti da solo a districarti nelle diverse scene e dialoghi. Non a caso ho detto scene e dialoghi, perché permane sempre, almeno a me, l’impressione che il testo ben si adatti ad un’opera teatrale, quasi fosse un pre-adattamento per una rappresentazione del “Teatro della co(no)scenza”.
Giulio Tononi, Phi, o dell’informazione integrata*, Codice Edizioni, Milano, 2015. Fortunato Aprile Francis Crick in Astonishing Hypotesis, Scribner, New York , 1994, nel condurre la sua indagine sulla coscienza dà una spiegazione neurobiologica del suo farsi, come prevalente ammasso di neuroni; eliminando in tal modo il polo dell’esperienza. Un’ipotesi veramente sorprendente. Analogamente, il personaggio Frick - che traduce le posizioni del neuroscienziato Francis Crik- stupisce Galileo. I nostri sentimenti e le emozioni che li generano, sorgono dai miliardi di cellule nervose. Ci sono solo differenze individuali: le cellule dei criminali irresponsabili sono solo meno saldamente intrecciate di quelle di Galileo. Eppure non molto diverse erano state le posizioni oggettivistiche di Galileo, che ora però intraprende un viaggio alla ricerca della coscienza come sistema integrato dell’informazione (appunto, Phi); cosa che però implica aver esplorato prima i rapporti tra coscienza e cervello, per pervenire alla consapevolezza che senza la coscienza siamo macchine banali. Quanto è diverso l’uomo che cerca la comprensione, la consapevolezza rispetto all’uomo superman S R che può contenere e gestire solo un ammasso di dati; rispetto cioè all’uomo che nella coscienza può contenere il sole? Sta che quell’ammasso di neuroni traduce nell’Io un mondo di colori, ravviva i suoni, fa sentire odori e sapori, <<genera i fiori del giunco di palude, le scaglie delle pigne, le bacche di ginepro; genera l’ape maschio, le alghe[…], il prato là fuori e le vette distanti>> (p. xvii). Insomma, <<la realtà non è che pura esperienza>> (id.). Ed è l’esperienza che nelle trasduzioni del cervello <<dà vita alla coscienza>> (id). Qui i pensieri di Galileo -nel suo viaggio che Tononi riveste di fantasia che però viene facendosi realtà della ricerca scientifica- ricordano la petizione di Varela, nel suo saggio sulla Neurofenomenologia, sulla necessità di un cambio di paradigma. Quello dominante, vede l’indagine scientifica che getta nuova luce sulla mente. Il paradigma inverso segue l’esperienza e cerca di capire quali rapporti esistano tra questa esperienza e la scienza. In altri termini, l’esperienza del soggetto si fa anima e questa cerca di dare senso e significato a quegli atti agiti. Quando con il suo telescopio Galileo costruisce la Terra come un piccolo pianeta che orbita intorno al sole, una tra miliardi di galassie, lo fa non solo per i dati che il telescopio gli fornisce o suggerisce, ma soprattutto in forza di evidenze intuitive. Tuttavia Frick, imperterrito, sta lì a dirgli di non farsi illusioni perché noi siamo solo servi di <<orde di cellule nervose>> (p.8) che se ne infischiano del nostro libero arbitrio ridicolizzandolo, per la prevalenza del nostro sistema mentale che anticipa gli eventi. Eppure l’anima, la coscienza, sta lì a dirci qualcosa che merita d’essere fatta oggetto di indagine. Galileo si accinge nell’impresa accettando di seguire la strada che gli suggerisce la sua guida. La strada che Galileo intraprende è quella che va nella città dolente del cervello: un corridoio fiocamente illuminato con una serie di porte senza fine. Quel corridoio ipotizza l’avvento della coscienza: che è sempre l’esito di un cammino tortuoso di ricerca illuminante. Ora Frick apre una di quelle porte. Lì vi giaceva, privo di vita, Copernico, assistito da una donna in ginocchio. Questa sosteneva che Copernico dava, ogni tanto, segni di vita. Anche Galileo lo vedeva respirare lentamente. Frick spiega che gli emisferi cerebrali di Copernico sono stati distrutti da un’emorragia cerebrale e che i segni di vita si hanno perché le parti limbiche del cervello sono sopravvissute. E così Frick illustra a Galileo i sistemi neurali che presiedono alle varie forme della percezione, coinvolgendo parti anche distanti tra neuroni dai lunghi assoni: i mattoni del cervello. Riferendosi a quei neuroni che formano come una città in cui <<i membri delle corporazioni e delle professioni devono comunicare e scambiarsi ordini e merci>> ma in cui agiscono anche matematici, poeti, artisti con le loro manifestazioni arricchenti l’esperienza. Sono questi i decisori della coscienza, nella democrazia del cervello, in cui si ha bisogno di molti specialisti per gestirla nella sua totalità. Totalità comunque illusoria. Perché le possibili malattie ci attendono all’angolo: soffriamo di malattie che distruggono regioni del cervello che distinguono i colori, altre che colpiscono il riconoscimento dei volti, il linguaggio, il senso della morale. E la coscienza di Copernico ha subito un danno esteso ed è svanita del tutto. Un cammino affascinante di cui non si può, non si deve dare conto dettagliato. Perché quel cammino deve essere un percorso di lettura di scienza e di esperienza. Così la mano tremante del pittore Poussin davanti al quadro La danza alla musica del tempo e che non gli impedisce di cogliere nei dati simbolici dei personaggi, le stagioni e il ciclo del tempo, sembra dovuta all’assenza del cervelletto, da cui si dipartono le funzioni raffinate di questa specifica area. La mano di Poussin può anche tremare, <<ma non la mente; perché le cose conservano il proprio essere, non curanti degli accidenti. A tali notazioni di scienza, si accompagnano le raffinate descrizioni di Tononi del quadro di Poussin. Esperienza che l’Autore estende a tutta l’iconografia utilizzata per offrirci un tipo di narrazione che è scientifica e letteraria, producendo un effetto estetico di nuova generazione. Proprio per questo si ha motivo di ritenere che sia un non senso procedere qui fino alle ultime stazioni del percorso che Tononi fa compiere a Galileo. Percorso orientato alla sua graduale conquista del superamento dell’oggettività, per una soggettività che dà valore all’esperienza e alle sue coordinate emozionali. E’ da queste dimensioni che può emergere la coscienza come consapevolezza interpretativa. Un consiglio può essere dato al lettore: il libro va letto e riletto per godere delle eleganti implicazioni culturali in una operazione di scienza narrante. Forzare qui le rappresentazioni di quanto accade nel libro è come trasformare in un fotoromanzo balzano I Promessi Sposi. Questo libro di Tononi -tra i suoi- va letto, riletto più di altri e meditato, nonostante l’Autore affidi a un Manichino, simbolo di una iper integrazione di idee iper prospettiche, un tentativo esplicativo. L’evento è molto di più di quello che appare. Così, per esempio, ci sembra di dover condividere, nei fatti educativi, la buona tradizione espressa da Galileo: l’esperienza va in scena nella coscienza e ogni esperienza <<è una forma complessa, bella, una forma che cambia a ogni istante, come una scultura vivente fatta di luce>>. E ci sono gli artisti che con poche parole o note creano forme nuove. E ci sono soprattutto i maestri, <<i giardinieri della coscienza, che coltivano giovani cervelli>> purché si parta, suggerisce l’anziana maestra del Paradiso III, dalla necessità di <<imparare a capire>>. Capire –prosegue Galileo cercando di essere più chiaro- è gettare luce proprio sugli eventi e <<non esiste altra luce se non la coscienza>> che dà quella forma straordinaria che i neuroscienziati identificano nel Quale; l’elemento che tenta di esprimere la dimensione più elevata di concetto, capace di unificare cose apparentemente diverse e che invece tali non sono su un piano più profondo: è questo il senso del PHI , il sistema integrato dell’informazione. Un libro che farà storia. *Il sottotitolo è del recensore, per dare al titolo un’immediata leggibilità.
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