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Se si decide di girare un gangster movie nel 2009 il rischio è che somigli troppo a tutti quelli che ci sono stati nei cento anni e passa di cinema precedente: Michael Mann con “Public Enemies” ha evitato tale rischio e ha diretto un’opera molto personale raccontando gli ultimi mesi di vita di John Dillinger in modo impeccabile tecnicamente, grazie alla fotografia di Dante Spinotti alle musiche di Goldenthal e ai costumi di Atwood e alla regia di grande impatto visivo, e con il suo solito tocco coinvolgente nel narrare le storie. Rapinatore di banche negli anni della depressione Dillinger arrivò ad essere addirittura adorato come un divo del cinema dalla gente anche perché durante le sue azioni criminose bruciava i registri dei debitori e non era solito usare violenza nei confronti dei clienti; anche se la sua banda risultava tra le più spietate d’America in un periodo in cui il crimine la faceva da padrone. Nel film di Mann il famoso rapinatore è interpretato da Johnny Depp e il connubio tra il lato sentimentale e quello più violento del personaggio permette all’attore di sfoggiare una delle migliori interpretazioni della sua carriera; del resto una scelta come quella di Depp era indispensabile per non arrivare a stereotipare la figura del gangster, così come nel caso di tutti i co-protagonisti che mostrano in maniera eccellente il quadro d’insieme di quei tempi mettendosi al servizio di Depp/Dillinger; e a dare la caccia alla sua banda di fuorilegge è il poliziotto Melvin Purvis che ha le sembianze del camaleontico Christian “lUomoSenzaSonno” Bale. Omaggio dichiarato al Cinema di genere degli albori è il titolo, “Nemico Pubblico”, identico al capolavoro del 1931 di William Wellman con James Cagney; e le assonanze con il mondo cinematografico sono molteplici per tutta la pellicola proprio per lo stile di vita che aveva Dillinger all’epoca, ma non risultano evidenti richiami o concessioni ad altre opere se non nel magnifico finale che, come avvenne nella realtà , si svolge al Biograph Theater di Chicago dove si proietta “Le due strade” di Van Dyke con Clark Gable e Myrna Loy. Mann è partito dalla storia vera di John Dillinger per poi decidere di adattarla per il grande schermo prendendosi alcune libertà narrative; eppure tutti i personaggi che si vedono sono realmente esistiti, i luoghi citati, comprese le galere, sono i reali scenari delle scorribande di quegli anni; ma la bravura nel saper presentare e raccontare l’atmosfera di quell’America, la volontà di approfondire il rapporto del protagonista con alcuni componenti della banda, la capacità di evidenziare il lato emotivo di Dillinger nella relazione amorosa con Billie Frechette (una bravissima Marion Cotillard), la maestria nel disegnare le scene d’azione e le sparatorie sono i meriti di un regista che si è contraddistinto nella propria carriera per aver unito il tocco d’autore alle potenzialità commerciali nelle sue opere, come ad esempio in “Collateral”, un film atipico che ha incassato 100 milioni di dollari, o nel bellissimo “Alì” che consideravo il suo miglior lavoro prima di vedere “Nemico Pubblico”.
Strepitosa resa cinematografica della roboante traiettoria di John Dillinger, mitico gangster dell'America a cavallo della great depression: una figura in bilico tra eroe romantico e efferato nemico pubblico. Chi meglio di Johnny Depp poteva farsi metafora del fascino del male? L'attore feticcio di Tim Burton si cala anima e corpo in un personaggio, per quanto criminale, pervaso da un'etica da gentleman. Un personaggio sapientemente(e astutamente) cucito su misura per lui dal navigato Michael Mann, cui va il merito di non aver indugiato in una logica retorica o manichea, ma di aver tratteggiato personaggi complessi, tra cui il solerte rivale Cristian Bale, agente dell'FBI, ritratto dell'anti-eroe impopolare in quanto carnefice del gangster più amato dagli americani. Un'incantevole Marion Cotillard veste i panni dell'anima gemella di Dillinger.
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