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Alla sua pubblicazione nel maggio del 1936 "Morte a credito" ebbe un buon successo di vendite, ma deluse la "critica". Si rimproverava all'autore di aver scritto un romanzo privo dei temi di impegno e denuncia che erano invece presenti nel precedente "Viaggio al termine della notte". Cèline in varie occasioni volle precisare di non esser fatto per "le Idee", per i "messaggi", sono fatto per lo "stile". Ciò è verissimo: in questo romanzo infatti spinge ancora più in avanti il lavoro sullo stile, La narrazione si svolge come un flusso di pensieri che mentre scardina le regole della sintassi tradizionale, avvolge il lettore in un turbine di emozioni...eppure non sono sensazioni senza riscontri, è la vita nostra, di noi lettori, che troviamo nelle pagine. Pagine che potranno sembrare amare e ciniche, ma sono vere. Céline è tutti noi !
Ok, ci ho messo un anno e mezzo a leggerlo, ma non è mica perchè non mi piaceva e io comunque i libri che inizio devo finirli, perchè ho una certa fiducia anche nei libri che non mi piacciono. E' andata così perchè questo è un romanzo da super-lettore, 550 pagine, Ferdinand da bambino fino alla prima adolescenza, attraverso il fallimento scolastico, allora vattene a lavorare Ferdinand, fottuto nei piccoli lavoretti come in quelli che ti danno più fiducia, che sembrano andare per il verso giusto, fottuto dagli adulti, ti azzuffi col padre Ferdinand, ti mandano in collegio oltre Manica per imparare la lingua e non spiccichi una parola per tutto il tempo Ferdinand, torni a Parigi e incontri Courtial Des Pereires, eccentrico, truffaldino, pilota di palloni aerostatici ma arrivano gli aerei, è tempo di cambiare, ti ritrovi perfino in campagna a far crescere le patate con l'induzione magnetica Ferdinand, macchè, niente da fare, quando torni a Parigi vuoi partire soldato, sei pronto per il Viaggio. Ogni volta che riprendevo "Morte a credito" ricordavo esattamente dove l'avevo lasciato, mi bastava rileggere l'ultimo capoverso e la macchina riprendeva a girare. Courtial adesso è nel posto dove sono riuniti i più grandi personaggi della letteratura di tutti i tempi. Lo vedo a un tavolo col Console Geoffey Firmin e il giudice Holden. Un grande libro scritto due volte, la prima da Celine, la seconda da Caproni, che lo traduce magistralmente. Tra punti di sospensione come rulli in palestra... Tra punti esclamativi come sponde di un flipper!
L’autore descrive la vita del suo protagonista, nonché alter-ego, dalla sua triste infanzia fino al momento in cui decide di arruolarsi. E’ difficile la vita nel Passage per il piccolo Ferdinand: un posto buio, sporco e puzzolente, vicini di casa pettegoli e malevoli, un padre frustrato che lo picchia, una madre nevrotica sempre alla ricerca di un modo per sopravvivere. Sono pochissime le figure positive: la nonna e lo zio Edouard. Ma non è che la stessa figura di Ferdinand susciti così simpatia: è indisponente, lavativo e con una particolare abilità nel cacciarsi nei guai. Tante le avventure e tanti i personaggi e l’elemento comune mi è sembrato una vita di sconfitte e delusioni: tutto fallisce, le persone sono meschine e Ferdinand è frustrato e infelice, nonché perennemente affamato e sempre alla ricerca di escamotage per la sopravvivenza. La lettura è assolutamente coinvolgente: al di là del linguaggio a volte scurrile (l’edizione originale era stata infatti censurata), i personaggi parlano con frasi cortissime, ripetute, tanti punti esclamativi proprio come fosse la sbobinatura dei loro pensieri. E’ particolarmente accurata anche la descrizione dei vicoli parigini con le miserie e le debolezze dei suoi abitanti. Alla fine, poi, quasi ci si affeziona a questo personaggio non proprio edificante che lotta per sopravvivere in un mondo meschino e brutale.
Recensioni
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