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Anno edizione: 2024
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Scriveva Primo Levi che niente è più necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse. A un secolo di distanza da quando Adolf Hitler dettava il suo manifesto politico in una cella di Landsberg am Lech, quelle pagine sono diventate uno dei simboli del male assoluto, e come tali sottoposte all’anatema laico che ne ha fatto un libro proibito. Ma questo cono d’ombra, figlio di una freudiana rimozione, ha contribuito ad accrescerne la mitologia fino a quando, nel 2016, la Germania ha deciso di consentirne nuovamente la distribuzione in libreria proprio per smontarne la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente può distruggere l’orrore più del senso critico, e dunque la riconversione del mostro nei perimetri della realtà. Sì, perché Mein Kampf è in fondo solo l’autobiografia di un trentacinquenne delirante alla ricerca di capri espiatori e di sfoghi esistenziali, con l’aggravante però di una spiccata propensione all’empatia, agli albori di un Novecento che nel carisma avrebbe eletto la propria apoteosi. Da questa formula, ripetibile e tuttora emulata a ogni latitudine, discende l’urgenza di confrontarci ora più che mai con un testo mai morto, capace di riproporsi sotto marchi e colori diversi soprattutto in un’epoca in cui la propaganda si è ramificata online, e ci raggiunge ormai capillarmente. Dopo molti anni di ricerca e di scrittura, notomizzando parola per parola del testo originario, con l’innesto di centinaia di discorsi e dichiarazioni dello stesso Hitler, Stefano Massini ci consegna la sua biopsia del testo maledetto, un feroce distillato in cui la religione nazista di rabbia e paura, il culto dell’io e l’esaltazione della massa ci appaiono in tutta la loro forza di potentissimo déjà-vu.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questo libro offre diverse chiavi di lettura, la testimonianza storica, una visione psicologica di come si è evoluto il pensiero di Hitler durante gli anni, una riflessione su come vengono comandate le masse a livello politico. Il libro apre la mente su come il pensiero di Hitler sia stato psicologicamente influenzato da fatti storici e familiari, cresciuto e come spontaneamente abbia utilizzato tattiche dí populismo utilizzate oggi da quasi tutti i partiti politici per portare le masse dalla loro parte.
“Nel centro di Opernplatz In questa sera del maggio 1933 Hanno acceso un enorme fuoco I bagliori delle fiamme si vedono da lontano Qualcuno chiede: “Ma brucia qualcosa in Opernplatz?” Si, brucia qualcosa in Opernplatz eccome se brucia qualcosa bruciano libri” pag. 5 “Da dove si inizia, per cambiare la Storia? Da dove si inizia, per cambiare tutto?” Pag 13 Premessa, non ho letto il libro scritto da Adolf Hitler, il mio commento è esclusivamente sul testo di Massini. Ho apprezzato molto questo testo di Stefano Massini, in poche parole è in grado di raccontare la storia e di trasmettere le emozioni e i sentimenti. Analogamente agli altri suoi testi letti: “Lehmann Trilogy” e “7 minuti” , il suo modo di scrivere risulta. a mio avviso, molto incisivo, poche parole scelte, frasi brevi spesso ripetute per sottolineare un avvenimento, un emozione. Ho apprezzato la scelta di inserire, a inizio racconto, la figura dello scrittore Emil Erich Kästner, figura opposta a quella di Hitler, pacato e rassegnato osserva, costretto, i roghi di libri, a differenza di altri scrittori rimane, non scappa. Nel libro è lui che afferma: “Crede lei che le parole Siano solo inchiostro? Nossignore, sono fatti, Le parole sono sempre fatti. E non v'é cosa, fra gli esseri umani che non prende forma li dalle parole” Nella quarta di copertina, per sottolineare ancora l'importanza delle parole si legge: “Scriveva Primo Levi che niente è più necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse”
Un opuscolo che non sa di niente, probabilmente utile per fini teatrali. Come lettura non ci siamo per niente
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