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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2008
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Maigret per me è una certezza in quanto nei momenti in cui mi è più difficile leggere per i tantoi impegni, o quando ho bisogno di un libro leggero ma che mi sappia regalare qualcosa, ne apro uno e ritrovo la città, il Quai des Orfevres e tutto il mondo di Maigret. Piacevole come sempre. Un episodio forse tra i migliori della serie Maigretin cui il commissario è alle prese con l'omicidio del gestore di alcuni locali osée di Parigi. Maigret stavolta è come un mastino: mai come stavolta Simenon trascina il lettore a identificarsi con il commissario, con la sua rabbia e la sua amarezza.
Si è detto più volte che la soluzione dell'enigma spesso non è fra i maggiori motivi d'interesse delle inchieste di Maigret. Non lo era, verosimilmente, per Simenon allora, e non lo è per il lettore appassionato oggi, sedotto volentieri, invece, da atmosfere uniche e personaggi indimenticabili. Ecco, proprio per atmosfere e personaggi, questo "Maigret perde le staffe" (ma perché non lasciare l'originale "La collera di Maigret"?) pare uno dei romanzi più suggestivi fra quelli con protagonista il popolare commissario. Un bellissimo Maigret, un po insolito, un Maigret, arrabbiato, indignato. Probabilmente a Simenon non piacevano gli avvocati. L'assassinato, il padrone di un locale di spogliarelli, si rivela una brava persona, il vizio diventa virtù e il legale in fondo è un bandito, anche se alla fine c'è un po di pietà anche per lui.
Èmile Boulay, ex cameriere sui transatlantici, ha costruito un piccolo impero di locali notturni a Montmartre, un tipo equivoco verrebbe da pensare, che prospera grazie agli spogliarelli e chissà a quali altri affari, ovviamente poco puliti. E invece no, conduce una vita tranquilla, casa e lavoro, stimato e rispettato da tutti, un uomo che tiene al suo buon nome, che riga dritto e che denuncia al fisco fino all’ultimo centesimo. Un giorno non rincasa e il cognato, un italiano, pure lui bravo e di antico stampo, teme che sia stato rapito. Il corpo di Emile sarà ritrovato una notte e due giorni dopo la sua scomparsa, in avanzato stato di decomposizione, visto il caldo di quel giugno a Parigi. Il cadavere è in una zona diversa da quella in cui l’uomo era stato visto l’ultima volta, in una strada chiusa di un quartiere residenziale e nei due giorni precedenti non era lì. Una circostanza quindi ben strana e ancor più strane sono le cause della morte, avvenuta per strangolamento, un metodo che in quegli ambienti equivoci non è mai utilizzato, perché lì si viene ammazzati o con una coltellata o con una o più pallottole. Maigret, come al solito, all’inizio brancola nel buio fino a quando non ha un’intuizione, peraltro non suffragata nemmeno da indizi, e su quello straccio d’idea conduce l’indagine, che solo alla fine conferma l’infallibile fiuto del commissario, grazie alla scoperta di un movente che lo fa andare in bestia, che gli fa perdere le staffe, ma, buon per lui, il colpevole finirà per togliersi la vita prima ancora della fissazione della data del processo, che finirà con l’essere un procedimento giudiziario quasi burocratico e, soprattutto, non pubblico. Così, Maigret ritroverà la consueta calma, ora che giustizia doppiamente è fatta. Maigret perde le staffe è, a mio avviso, uno dei più bei gialli scritti da Simenon. Incalzante dalla prima all’ultima pagina procede a passo di carica in una nebbia che di dirada molto lentamente e che lascia lo spazio alla luce solo alla conclusione. Come al solito ambientazione, atmosfera e personaggi sono resi in modo impeccabile, contribuendo all’autentico piacere che prova un lettore teso a pervenire il più presto possibile alla verità, proprio come il celebre commissario.
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