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Anno edizione: 2022
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Un bambino, sua madre. Due vite fragili tra altre vite fragili: donne e uomini che passano sulla terra troppo leggeri per lasciare traccia. Intorno, a contenerle, un luogo che non dovrebbe esistere, eppure per qualcuno è perfino meglio di casa. Lorenzo Marone scrive uno struggente romanzo corale, un cantico degli ultimi che si interroga, e ci interroga, su cosa significhi davvero essere liberi o prigionieri.
Diego ha nove anni ed è un animale senza artigli, troppo buono per il quartiere di Napoli in cui è cresciuto. I suoi coetanei lo hanno sempre preso in giro perché ha i piedi piatti, gli occhiali, la pancia. Ma adesso la cosa non ha piú importanza. Sua madre, Miriam, è stata arrestata e mandata assieme a lui in un Icam, un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Lí, in modo imprevedibile, il ragazzino acquista sicurezza in sé stesso. Si fa degli amici; trova una sorella nella dolce Melina, che trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»; guardie e volontari gli vogliono bene; migliora addirittura il proprio aspetto. Anche l'indomabile Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti del figlio e, trascinata dal suo entusiasmo, si apre a lui e all'umanità sconfitta che la circonda. Diego, però, non ha l'età per rimanere a lungo nell'Icam, deve tornare fuori. E nel quartiere essere piú forte, piú pronto, potrebbe non bastare.
«Miriam tornò ai suoi panni, e tolse l'aria dai polmoni con uno sbuffo. Il sole mattutino s'affaccendava a portare un po' di calore, permetteva ai bambini di restare fuori a giocare, ma proiettava l'ombra delle sbarre sulla parete alla sua destra, sezionava il muro come fosse una scacchiera. S'appese alle spranghe e allungò l'esile collo, come a voler uscire da lí, lei cosí minuta, e si ritrovò sulle punte senza volerlo, da dietro pareva un puma pronto a spiccare il balzo. Pensò di andarsi a riprendere quel figlio cretino che a quasi dieci anni si lasciava sfottere da una mocciosetta e manco lo capiva. Invece vide qualcosa d'inaspettato, vide la bambina ridere ancora per le parole del suo Diego, e però subito dopo vide anche il viso di lui aprirsi in un gioioso sorriso, e poi in una fragorosa risata che liberò farfalle, una risata per lungo tempo attesa, che le tolse l'ombra dalla faccia e la spinse a donare al cielo, alle nuvole dense che soffocavano quel carcere tra i monti, un moto appena percettibile di labbra».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho comprato questo libro due anni fa. Se non fosse per la piccola nota che aggiungo ogni volta, ad indicare luogo e data di acquis E’ stato un colpo al cuore, feroce e tenero allo stesso tempo. Questo romanzo di Lorenzo Marone, è un intreccio di storie, che si fermano (o cominciano) in un Istituto a custodia attenuata per detenute madri. Ci sono madri, quindi, ci sono figli e c’è il carcere che per quanto attenuato, è sempre una bolla che isola dal resto, una privazione, un contenimento. Quanta fragilità, in queste pagine, quanto dolore, quante sconfitte. Quanto fallimento della società. Per quanto il reato, la violenza, il giudizio, rimangano fuori e lascino spazio all’umanità, le colpe e le pene che ciascuno si riconosce e si infligge, creano sbarre più spesse di quelle reali, alzano muri più invalicabili di quelli del carcere. Rimane però, spazio per le persone, che da essere animali feriti e feroci, imparano la vita in comune, che non è nel branco, è vita insieme. Nel posto più impensabile, si ritrova la speranza: la solitudine, la diffidenza, la rabbia, trovano risposte e compensazione nella vita quotidiana, nella convivenza fra persone ferite che cercano di raccogliere ciò che rimane della loro vita, della possibilità di rialzarsi. Le singole storie, creano un romanzo corale, perché la comunità, diventa famiglia, occasione di rivincita; un’attenzione, uno sguardo, una vicinanza inattesa e insperata, diventano risposta alla mancanza di amore che c’è fuori. Ciononostante, aleggia fra le pagine il senso di ineluttabilità del destino di chi ultimo ci nasce. Di chi riesce a impegnarsi per vedere la luce, per imparare l’amore. Di chi le parole riesce pure a trovarle, ma sono parole che poi nessuno legge.
La pura verità di una vita che è quella di tante che vivono una situazione in cui il cuore palpita ogni giorno per la dura realtà.
Un libro che mi ha davvero emozionata e fatto riflettere!! “Me la caverò. Pensa a te, riposati, statti tranquilla, e dormi un po’. Miriam aveva stretto la mano del figlio nella sua, l’aveva portata alla guancia solo un istante, poi, prima di lasciarlo andare, aveva detto: Le madri non dormono mai.”
Recensioni
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