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Anno edizione: 2016
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Indice
Il libro di cui vi parlo oggi si intitola "Io non mi chiamo Miriam" di Majgull Axelsson, per le edizioni per Iperborea, tradotto da Laura kemi. Il titolo contiene già una rivelazione e questa è infatti la frase che un'anziana donna pronuncia il giorno del suo 8oesimo compleanno, quando riceve in dono un braccialetto da parte della famiglia in cui c'è inciso il suo nome, il suo vero nome. Si chiama Malica e racconterà la storia alla nipote durante un lungo giro intorno al lago, in una lunga passeggiata. Il libro racconta con grande delicatezza uno dei capitoli più duri e più dolorosi della storia d'Europa, la persecuzione di milioni di innocenti, e lo fa attraverso la voce di una donna, intensa e potente che mi è piaciuta tantissimo. È la voce, una voce forte, una voce dolente. Spero che questa voce arrivi a tutti voi.
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Un'anziana signora decide di rivelare la verità sulle sue origini rom dopo aver mentito per circa 60 anni, spacciandosi per ebrea. Il racconto di una vita dal ritmo veloce, quasi un flusso di coscienza, profondo, diretto, crudo, vero, con persone più che personaggi. Il mantra della protagonista è "vietato ricordare", ma il messaggio è chiaro, oggi più che mai: è dovere ricordare, vietato dimenticare.
Siamo abituati a considerare le orribili vicende dei campi di concentramento e di sterminio come una questione riservata agli ebrei, invece con questo romanzo la Axelsson apre uno spiraglio sulla popolazione rom, a cui toccò una sorte non dissimile ad Auschwitz e Ravensbruck. Malika è dunque una rom, una zingara, che si aggrappa con tutte le sue forze all'istinto di sopravvivenza, anche se questo significa assumere l'identità di una persona morta e identificarsi in tutto e per tutto con lei, passando per ebrea nel volgere di pochi attimi. Malika diventa così Miriam, e per lei la morte certa diventa possibilità di vita, anche se il costo da pagare sarà far calare l'oblio sulla storia della sua giovinezza. Ma i ricordi non si possono cancellare, e quegli incubi che talvolta turbano il sonno di una ormai anziana Miriam riaffiorano pian piano anche nelle sue parole e infine prorompono in una passeggiata-confessione con la nipote Camilla. Ecco allora rivelarsi la straordinaria determinazione e solidarietà di alcune donne, che pur nelle condizioni estreme al limite della sopportazione riescono ad aiutarsi e a sopravvivere. Il destino non sarà clemente con ognuna di loro, ma Miriam riuscirà a trovare la luce in fondo al tunnel, una luce che per lei è la Svezia.
Per me il più bel romanzo sul genocidio degli ebrei e sul razzismo. Racconta la storia di Miriam che nel giorno del suo 85esimo compleanno dichiara alla famiglia riunita la sua verità. Non ci fanno quasi caso pensano ai vaneggiamenti di un anziana; ma la nipote raccoglie le parole, il disagio e l’emozione della nonna e la spingi a raccontarsi. Così durante una passeggiata Miriam racconta qualcosa alla nipote e per chi legge ricorda tutto. Ricorda la deportazione, le brutture, la violenza senza motivo, gli esperimenti sul fratellino, la fame ma anche le relazioni all’interno del campo, le dinamiche di potere nonostante la situazione tragica e di come lei Malika e rom diventò Miriam ed ebrea. Racconta la perenne paura di essere scoperta, il vivere sempre defilato per non dare nell’occhio perché Miriam non era soltanto l’ebrea sopravvissuta al lager ma anche la rom nascosta in un’altra identità che solo lei sapeva, e per i rom il razzismo era sempre vivo da parte di tutti, anche dei sopravvissuti.
Recensioni
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