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Anno edizione: 2015
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Inutile dire della grandezza di quest'opera che riempie con rigorosa letteratura il testo della Genesi concentrato nella figura di Giacobbe, che riassume in sé tutti gli altri patriarchi, a partire da Abramo, l'uomo errante della luna la quale è mediatrice tra il cielo e la terra. Belli i capitoli sulla morte di Isacco che arriva a trasformarsi quasi in un agnello, quello sacrificale il cui lezzo sembra trasalire dagli inferi simboleggiando l'origine oscura di Dio e la morte del Verbo incarnato (il pozzo e profondo come l'origine del tempo). In Mann Dio non è perfetto, è geloso, violento e capriccioso ma pian piano si santifica nell'uomo come l'uomo si santifica in esso. Nel Dio che si va formando con i patriarchi fino a Giacobbe, qual è il tempo di Dio? Ecco un'altra sorpresa: non è rettilineo come si potrebbe pensare in senso biblico, ma è sferico, alludendo a Nietzsche: in questa sfericità tutta ritorna con un alternanza per cui i celesti sono i terrestri e viceversa, tanto che si può arguire che Abramo visse alternativamente nelle due dimensioni. Strazianti gli anni passati da Giacobbe nell'inferno di Labano, la lotta con l'Angelo, la strage di Sichem, con Rebecca gravida di Beniamino, che lo darà alla vita morendo, in quanto la giusta. E sempre Giacobbe vedrà in Giuseppe il tratto profondo della sua amata, attirando sempre più l'invidia dei fratelli sul prescelto. Tra gli inferi e il celeste la differenza è imprecisa, perché là dove si muore ritorna la rinascita, e non si vive nell'elezione senza la trasformazione nella morte. Si può dire che gli inferi così intesi sono la parte oscura di Dio di modo che il celeste, senza le origini oscure del "regno delle madri" non assurgerebbe all'intensità del mito, che si fa anche monito contro il nostro assurdo mondo contemporaneo di allora, contrassegnato dalla barbarie nazista. Il monito, del resto, è più che mai attuale.
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