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I diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936
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I diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936 - Edward Sorel - copertina
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diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936
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I diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936

Descrizione


«Passata la prima sbornia ero appassionato alla vita di Mary, non solo allo scandalo, e a un certo punto mi è venuta l'idea di una biografia per immagini.»

«Lo scandalo era stato montato per intero sui diari di Mary, che l'ex marito aveva scoperto quando il matrimonio era ancora in piedi. Il loro contenuto era così compromettente che Mary, per ottenere il divorzio, aveva dovuto rinunciare a qualsiasi diritto sulla bambina. Nel 1936, però, aveva deciso di impugnare la sentenza, e allora, per dimostrare che razza di madre indegna fosse, il marito aveva reso nota l'intenzione di ricorrere ai diari. Dove pareva che Mary non solo avesse tenuto una minuziosa contabilità delle proprie spese extraconiugali, ma le avesse anche valutate in base a criteri strettamente meritocratici. L'uomo minacciava di rendere pubblico il documento, anzi, ne aveva già consegnata una pagina alla stampa. E benché Mary fosse solita usare un inchiostro color seppia, i tabloid non erano riusciti a contenersi, trasformando la paginetta nel primo assaggio di quelli che tutti avrebbero chiamato sempre e solo i "Diari a luci rosse".»

Il segreto che rende questo libro anche fisicamente diverso da qualsiasi altro non è il fascino di un vecchio processo a Hollywood, benché lo scandalo che trascinò Mary Astor in aula, direttamente dal set di Infedeltà, fu uno dei più rumorosi – e, per la stampa, più succulenti – che la storia ancora giovane, ma già parecchio movimentata di Tinseltown avesse fino a quel momento conosciuto. Non sono neanche le esilaranti tavole attraverso le quali Edward Sorel, calandosi nei panni di un disegnatore di tribunale, ha voluto raccontare il caso, trasformandole in un romanzo grafico parallelo a quello scritto. No, il segreto è nella scintilla che ha dato inizio a tutta questa vicenda, il ritrovamento casuale, durante una ristrutturazione d’interni, di alcuni ritagli di giornale che di quel processo tracciavano la cronaca. Leggendoli, Sorel è tornato di colpo, per una specie di incantesimo, il ragazzo che era stato, lo stesso che, fra tutte le stelle del firmamento hollywodiano, proprio Mary aveva scelto come sua: per fornire di quei fatti lontani, con la stessa voce di allora, una ricostruzione del tutto personale. Sembra, a tratti, la trascrizione di un sogno: ma è la rievocazione più efficace e travolgente fin qui creata della città di cartapesta dalla quale, un tempo, tutti i sogni avevano origine.
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Dettagli

2017
16 novembre 2017
169 p., ill. , Brossura
Mary Astor's purple diary
9788845931994
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Indice

Indice

I. Il colpo di fulmine
II. Mary e il più grande attore shakepeariano d'America
III. La grande fuga e il primo, dolce maritino
IV. Mai dire: peggio di così...
V. Mary va a New York e incontra l'uomo dei sogni
VI. Cornuto, mazziato e furibondo
VII. Il processo, atto primo
VIII. Il processo, atto secondo
IX. Il processo, atto terzo
X. E poi?

Ringraziamenti

Valutazioni e recensioni

Antonia Dragone
Recensioni: 5/5

Tabloid è la parola chiave. Lo è, come già detto, per la grafica di copertina, ma anche per il formato del libro stesso, che del tabloid riprende (o quasi) le misure. Da tabloid è il registro linguistico usato dall’autore, molto poco letterario, vira verso il colloquiale, a tratti verso il sensazionalistico. Da tabloid, ancora, sono i titoli dei diversi capitoli. Da tabloid è la trama: Mary Astor è stata una diva del cinema americano della prima metà del secolo scorso; ha iniziato quasi bambina nel 1921 (una scena, poi tagliata, di Sentimental Tommy) quando ancora il cinema era muto e ha terminato nel 1964 nel cult Piano… piano dolce Carlotta di Robert Aldrich. Nel mezzo una sessantina di film, tra i quali Infedeltà (1936), Il prigioniero di Zenda (1937), Il mistero del falco (con Humphrey Bogart, per la regia di John Houston, 1941), La Signora di mezzanotte (1939), La grande menzogna (con Bette Davis, che le valse, nel 1942, l’Oscar come migliore attrice non protagonista), e il ruolo che forse l’ha resa ? se non celebre quantomeno ricordabile dal pubblico più giovane – quello della Signora March nel leggendario Piccole Donne del 1949 (quello diretto da Marvyn LeRoy, con Janet Leigh, Elizabeth Taylor, June Allyson, Peter Lowford e Rossano Brazzi). Nel mezzo, e precisamente nel 1936, uno dei primi scandali a luci rosse nella castigatissima Hollywood della MPAA e del Codice Hays (uno scandalo che oggi troverebbe posto, forse, solo nei salotti di Barbara D’Urso, tanto siamo abituati a sentirne, vederne, leggerne di peggio). Mary Astor, che invece tanto castigata non era («Sessualmente non mi controllavo. Bevevo troppo, e a tarda sera finivo per trovare qualcuno ‘molto attraente’. Salvo svegliarmi il mattino dopo con una sola domanda in testa: Perché? Perché?)», era stata coinvolta in un caso giudiziario per l’affidamento della figlia di quattro anni. Contro di lei, l’ex marito, per dimostrare quanto indegna fosse come madre, aveva reso nota l’intenzione di ricorrere ai diari intimi della donna dove era riportata la «minuziosa contabilità delle proprie esperienze extraconiugali valutate anche in base a criteri strettamente meritocratici». Millantava, insomma, che oltre ai particolari piccanti, Mary avesse affidato ai suoi diari le pagelle dei suoi amanti in base al numero di «estasi» che erano stati in grado di farle provare. Di tutto quel baccanale che fece tremare tutta Hollywood restarono invece, appunto, i tabloid. Tabloid che furono usati da chissà chi per pareggiare le assi scricchiolanti del pavimento di una casa nell’Upper East Side, che nel 1965 Edward Sorel e la sua seconda moglie presero in affitto a 97 dollari. L’appartamento cadeva a pezzi, e una delle prime cose che Sorel si accinse a fare fu divellere il linoleum piuttosto marcio della cucina, tirando via uno strato dopo l’altro fino a raggiungere una serie di numeri del «Daily News» e del «Daily Mirror» tutti datati 1936 e tutti dedicati allo scandalo Astor, a Mary e ai suoi diari.

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Recensioni: 3/5

A mio avviso, questo libro è una truffa: ti promette cose che non ti dà. Una copertina splendidamente curata da Adelphi (d'altronde, non ci si aspetta nulla di differente dal loro lavoro editoriale), il problema è all'origine. Decine e decine di pagine irrilevanti, poco inerenti e totalmente disinteressanti, soprattutto per gli inutili aneddoti della biografia dell'autore. Le illustrazioni sono bellissime, in compenso.

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Marilena Grana
Recensioni: 3/5

Ho acquistato questo libro per la curiosita' di leggere un libro diverso (ci sono fumetti e caricature) ed originale. L'autore ci fa ripercorrer la vita avvincente di un'attrice famosa agli inizi degli anni 30, fine del cinema muto ed inizio di quello con audio, le peripezie, le vicissitudini, le storie d'amore vissute e mescolate a sentimenti di odio verso la famiglia d'origine... Unico neo: quello dell'autore di nominare (e non descrivere) personaggi del mondo del cinema (registi e produttori) e del panorama politico dell'epoca senza soffermarsi ad approfondire la loro presenza nel libro ...quindi si rischia di perdersi tra i nomi di questi personaggi e non riuscire a capire la finalita' per cui sono stati nominati e quindi non si riesce a seguire ulteriormente lo svolgimento della vita di Mary ...

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Recensioni: 4/5
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Edward Sorel

1929, New York

Edward Sorel (New York 1929) è un designer, illustratore e animatore statunitense. Con Milton Glaser e Seymour Chwast ha fondato, nel 1954, i Push Pin Studios, una delle culle del design americano moderno. Ha scritto e illustrato molti libri, e firmato 44 copertine del «New Yorker», oltre a collaborare con «Vanity Fair», «The Atlantic Monthly» e «Time». I diari bollenti di Mary Astor - pubblicato in Italia da Adelphi nel 2017 - è apparso per la prima volta nel 2016.

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