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Anno edizione: 2000
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La ''Critica della ragion pratica'', composta nel 1788, tratta della ragione nel suo uso pratico. La ragione, a parere di Kant, determina la volontà ad agire secondo princìpi empirici, cioè pratico-formali, che garantiscano validità universale alla nostra volontà. Di qui la distinzione tra ''massime'' e ''leggi''; e di qui il famoso criterio secondo cui occorre sempre domandarsi se la propria massima possa valere allo stesso modo che una legge di natura. La ''rivoluzione copernicana'' operata da Kant investe, così, anche il campo della morale: distrugge infatti la metafisica dogmatica e procede a una critica della ragione che determina le condizioni di possibilità e i limiti di validità delle capacità conoscitive dell'uomo nell'ambito della morale. Quest'edizione è curata da Vittorio Mathieu, massimo esperto del pensiero kantiano. L'''introduzione'' delinea la situazione storica da cui è nata l'opera, e i temi affrontati da Kant. Le note al testo rispondono all'esigenza di chiarire i passi più controversi e difficili. La ''bibliografia'' comprende, oltre alle maggiori edizioni e studi sul tema, anche una storiografia kantiana specifica sul problema etico-religioso che abbraccia più di tre secoli. Il testo tedesco a fronte riproduce fedelmente l'edizione critica oggi di riferimento (K. Vorländer, ''Kritik der praktischen Vernunft'' ''Philosophischen Bibliothek''), aggiornata all'ultima edizione.
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La ragion pratica consiste nella capacità di determinare la volontà e l’azione morale senza l’ausilio della sensibilità. Lo scopo della "Critica della Ragion Pratica" è quello di criticare la ragion pratica che pretende di restare sempre legata solo all’esperienza. La ragion pratica empirica non può però da sola, determinare la volontà; vi è quindi il recupero della sfera "noumenica" inaccessibile teoreticamente, ma accessibile "praticamente".
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