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La chiave dell'ascensore. L'ora grigia - Agota Kristof - copertina
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Descrizione


Due commedie nelle quali l'humour (nero) si mescola ad accenti di gravità. Uno sguardo approfondito sulla condizione umana e sui rapporti di forza che costringono gli uomini a irrigidirsi in ruoli prestabiliti.
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Dettagli

1
1999
25 maggio 1999
48 p.
9788806150631

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 4/5

Al limite di una segregazione senza rivolta, strangolate e perse in un tempo privo di domani, due assenze piegate in due attese gridano la loro versione, due femminili ancora fortissimi in una biografia che subisce. Sognare giorni migliori, scrivere interiormente un passato e un futuro più dolci, consolanti, a bendare in una verità più passabile le folli torture del presente. Storie di corpi ingiuriati da bisturi cattivi, dolosi, di forza maschia sempre fragilissima e dominante che alla fine mostra il fianco a morali stranote: il non saper perdere, il non riuscire ad avere controllo quando i caratteri che hanno di fronte rovesciano il tavolo della pazienza e aprono alla mossa che sorprende, che sradica un potere scontato, fino alla soppressione del nemico, liberazione e verdetto. Due quadri estremi e senza il minimo scampo, spinti in un disumano che nessuna legge può far passare, e che si leggono e si partecipano come in una specie di apnea opprimente da cui si vorrebbe subito fuggire. Il male ha senz'altro in sé delle cartucce malvage quando agisce, ma ce n'è un altro che ha proiettili benigni per tutta risposta, persino in quei fiori sublimi che la follia può generare su un brullo terreno malato. Come a dire che il crudele può di colpo trovarsi di fronte il suo opposto e ricevere da questo una lezione di rivolta che è grido anche giustificato. Bravissima Kristof, dignità e asciuttezza scandite ad arte, e un ritmo calibratissimo a narrare due episodi da cui non c'è e non può esserci ritorno.

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Agota Kristof

Agota Kristof

1935, Csikvánd (Ungheria)

Scrittrice ungherese. Nel 1956 è spettatrice dell’invasione del suo paese da parte dei carri armati sovietici. Fuggita con la famiglia in Svizzera, trova un impiego presso una fabbrica di orologi. Comincia a scrivere nella sua lingua di adozione, il francese, prima testi per il teatro, poi romanzi che la impongono all’attenzione del grande pubblico: Il grande quaderno (1987), La prova (1990), La terza menzogna (1992) – che nella traduzione italiana confluiscono a formare La trilogia della città di K (1998) – in cui le storie parallele di due gemelli, Klaus e Lucas, si dipanano in un labirinto di disperazione morale e bruciante dolcezza, sullo sfondo di una guerra divoratrice. Anche nelle opere successive (Ieri, 1995; L’analfabeta, 2004; Dove sei...

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