Compositore e violinista. Studiò a Bologna, dove nel 1670 venne accolto nell'Accademia filarmonica. Nel 1675 si stabilì a Roma: lì fu, dal 1679, violinista nell'orchestra del Teatro Capranica, e si perfezionò nella composizione. Nel 1679-80 soggiornò forse in Germania; ma la sua attività si svolse esclusivamente a Roma, dove ebbe come protettori e mecenati i cardinali Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni e fu in buoni rapporti con Cristina di Svezia. Messosi in luce, in varie occasioni, come primo violino di complessi ad arco, nel 1702 si esibì, ma con scarso successo, alla corte di Napoli. Nel 1708 lasciò ogni attività pubblica; trascorse gli ultimi anni di vita in preda a una profonda depressione. L'opera di C. – che fu assai apprezzato e ricercato in vita come esecutore e anche come insegnante – costituisce un momento importantissimo nello sviluppo della musica strumentale occidentale. Egli diede nuovo impulso alla forma della sonata a tre, pubblicando, tra il 1681 e il '94, quattro raccolte, comprendenti ciascuna dodici sonate a tre (dall'op. 1 all'op. 4), le quali, ripartite com'era costume dell'epoca in sonate da camera e sonate da chiesa a seconda del loro carattere, segnano un punto conclusivo nell'evoluzione di questa forma in Italia. Nella sonata a tre, C. sfrutta a fondo le possibilità cantabili del violino (si tratta di composizioni per due violini e basso, oltre al clavicembalo nelle sonate da camera e all'organo nelle sonate da chiesa, per la realizzazione del basso continuo), servendosi di una struttura assai semplice in tre o quattro tempi (con prevalenza, nelle sonate da camera, di movimenti di danza). La scrittura, nobile ed espressiva, è sostenuta da un contrappunto vigoroso e ricco di studiate dissonanze. Nell'op. 5, pubblicata verso il 1700, C. affrontò anche la sonata per violino solo e basso (col termine sonata si intendeva ancora una successione di vari tempi in forma di suite); fra queste composizioni spicca la celebre Follia, dodicesima della raccolta e coronamento dell'arte strumentale corelliana. L'op. 6, infine, pubblicata nel 1714, ma probabilmente già nota prima, è la principale raccolta di composizioni di C. non solo per il suo altissimo valore espressivo, ma anche per la risonanza che questi 12 Concerti grossi con duoi violini e violoncello di concertino obligati e duoi altri violini, viola e basso di concerto grosso ad arbitrio ottennero sul piano internazionale, ponendosi così all'inizio della fortuna europea del concerto grosso. Dopo i Concerti grossi di A. Stradella (1676), quelli di C. rappresentano lo stadio di massima perfezione raggiunto da questa forma nel sec. xvii, con la caratteristica contrapposizione del «concertino» (costituito dai tre strumenti solisti) al «tutti» orchestrale.