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Anno edizione: 2018
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L’autrice Hanne Ørstavik è una delle voci più importanti della letteratura norvegese contemporanea, ora in libreria con il suo nuovo romanzo, A Bordeaux c’è una grande piazza aperta edito da Ponte alle Grazie. Seguiamo Ruth, la protagonista, a Bordeaux dove è stata invitata da una galleria d’arte per allestire una sua personale. È separata, ha una figlia, Sofi, e due relazioni aperte con uomini che vivono la fisicità in un modo a stento soddisfacente. Uno è Johannes, che dice di amarla, ma poche volte fa l’amore con lei, pur nutrendo desideri “pornografici” per donne conosciute nei bar o in locali per scambisti; l’altro uomo sembra tenere a Ruth più del primo, ma lei per lui non prova quel trasporto che la rende dipendente e disfunzionale come con Johannes. Una relazione tra i due che è nata da un semplice scambio di messaggi e che è cresciuta alimentandosi grazie agli interessi comuni: Ruth è un’artista, Johannes un critico d’arte; frequentano lo stesso giro, vivono in città diverse e, solo in un secondo tempo, si avvicinano forte di un’intesa che, però, non sfocia mai nella passione. Sublimazione intellettuale sì, fisicità no; o, al massimo, rarefatta: è questa la concessione di Johannes che pure non si nega altre avventure, raccontandogliele poi. E Ruth ne soffre. Non per il tradimento, quanto più per la percezione di sé: dopo la fine del suo matrimonio, aveva sentito rinascere il desiderio, si concedeva relazioni, il sesso era facile, felice e disinibito; dopo Johannes tutto è cambiato. C’è l’amore, la dipendenza emotiva, ma è come se lui diventasse inavvicinabile quanto più vivono dei rari momenti di complicità, allora lui si trasforma, quasi pentendosi della breccia aperta: si nega al telefono, esce, si ubriaca, le manda messaggi di cosa sta facendo con altre donne e foto di queste compagne effimere che non durano mai oltre una notte. Ruth si destabilizza, pensa, somatizza, diventa dipendente dal bisogno quanto lui ne è impermeabile. Questo bisogno di vicinanza lui non vorrà mai colmarlo. Il suo sguardo è altrove, lui non pensa a me. È in altri pensieri, diretto verso altri luoghi, in se stesso. Finché lei non si reca a Bordeaux in attesa che lui la raggiunga prima del vernissage; lì incontrerà Adel, una gallerista da cui si scoprirà attratta, e Lily, la figlia. A Bordeaux c’è una grande piazza aperta è un romanzo quasi privo di trama e letterario al cento per cento. Sono pagine di chimica emotiva, poesia, bellezza. Molte dal punto di vista di Ruth, altre incomprensibilmente da quello di Lily. Ma non c’è storia. La trama è debole, lacunosa; la vicenda irritante. È un puro esercizio di linguaggio, dove la sperimentazione è interessante e rientra nel campo dell’arte visuale con cui chiaramente la letteratura qui gioca una partita. L’eros è presente, ma è cerebrale anche nelle scene o nei racconti più spinti: siamo nel campo delle pulsioni, delle fantasie realizzate, del desiderio che deve fare i conti con il corpo, e il risultato è che manca di colore e calore. Tra poco tutti si spoglieranno, tireranno fuori le maschere? Diventeremo nessuno, diventeremo tutti, diventeremo interscambiabili. Tutto è freddezza, la sessualità è meccanica e studiata, e mostra come l’inconciliabilità fisica annulli la vicinanza, anche quando è presente un affetto detto e un necessario bisogno di appartenenza.
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