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“Si potrà discutere a sazietà se la Trilogia della villeggiatura sia o non sia da ascriversi al novero, relativamente ristretto, dei capolavori goldoniani. E’ certo, invece, che poche commedie come le tre che essa ingloba sono altrettanto significative del particolare rapporto di Goldoni da un lato con l’attualità, politica e sociale, della sua Venezia e dall’altro con la propria scrittura scenica; della sua sapienza strutturale; della varietà della sua tematica”. Dall’Introduzione di Guido Davico Bonino
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Amo Goldoni da quando studiai le sue opere al liceo e lessi la sua Locandiera. Tuttavia, ho preso in prestito dalla biblioteca questo libro senza pregiudizi: non mi ricordavo di aver già letto sull'antologia scolastica degli estratti di queste tre commedie, e l'ho ricordato solo rileggendo la scena sopracitata (oh, i cappellini!). La villeggiatura è qui da intendersi l'abitudine che la ricca borghesia veneziana aveva acquisito nella seconda metà del '700 di andare in campagna due volte all'anno per sperperare i propri soldi e fare a gara a chi potesse dimostrare più lusso. Andare in villeggiatura era questione di status, una necessità sociale. La trilogia è composta da "le smanie", "le avventure" e "il ritorno", che descrivono come una compagnia di personaggi vivono la villeggiatura. I personaggi sono quasi sempre gli stessi escluse delle aggiunte nella seconda, che ha anche il merito di esprimere una profondità psicologica in Giacinta e Guglielmo che non ha eguali nella prima. La critica sociale a seguire le mode e a cercare la rispettabilità a tutti i costi è estrema. Tutti i personaggi vengono influenzati in maniera estrema dal giudizio altrui, e nemmeno uno riesce alla fine ad acquisire la stima sociale. È una commedia, ma una commedia amara. Sicuramente la consiglierei.
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