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Con Il teatro dei sogni Andrea De Carlo applica le sue capacità di osservazione sociale e di indagine psicologica a un romanzo fortemente contemporaneo, polemico ed esilarante, che scava nelle ragioni dei quattro protagonisti e ne fa emergere verità, segreti, ambizioni, paure e sogni sopiti.
La mattina del primo gennaio Veronica Del Muciaro, inviata di un programma televisivo di grandi ascolti, sta per morire soffocata da una brioche in un caffè storico di Suverso, prospera cittadina del nord. La salva uno strano e affascinante archeologo, il marchese Guiscardo Guidarini, che le rivela di aver riportato alla luce un sito importante. L’inviata scopre di cosa si tratta e lo rende pubblico in diretta tv, scatenando una furiosa competizione tra comuni, partiti rivali, giornalisti e autorità scientifiche.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Credo che sia uno dei migliori libri che De Carlo abbia scritto negli ultimi anni, dopo alcuni che avevano fatto un pò storcere la bocca: difficilmente l’autore mi ha deluso, in quanto, anche quando la storia è stata un po’ debole, la capacità di scrittura di De Carlo è stata in grado più che compensare la trama. Qui la scrittura e la trama sono entrambe al top. La storia è lo specchio della attuale società: un ritratto ironico, divertente, feroce del mondo in cui viviamo, con un personaggio straordinario al centro che sembra prendersi gioco della politica e delle trasmissioni televisive che vorrebbero avere potere su tutto, ma che alla fine si mostra paradossale e superficiale. Onestamente non comprendo alcune critiche che ho letto su internet, mi sembra che chi non ama l’autore (e sinceramente non capisco come non si faccia a non amare le sue storie), finisca comunque per leggerlo solo per il gusto di parlarne male; chi ama De Carlo non può non apprezzare questo libro, altrimenti avete sbagliato qualcosa. Per chi piace De Carlo consiglio Io, Jack e Dio, a mio giudizio è il migliore tra i suoi 13 libri che ho finora letto: è la sintesi di quello che è il suo essere, di quello che rappresenta.
Guiscardo Guidarini è il tipico personaggio dei libri di De Carlo (con tanto di classico nome dal suono intrigante): uomo affascinante ed elegante, galante, empatico e fisico, uomo di mondo e dall’educazione raffinata, reso ancor più interessante da un’irriverenza anarcoide che fa da contraltare a un’attenzione nutrita di malinconia per un tempo che, forse, non ha mai davvero vissuto, ma verso il quale è eternamente proteso. Anticonformista e attento alla forma a tempi alterni - e puntualmente esatti -, l’opposto di uomini distratti da lunghe attese in luoghi sbagliati e da ritardi in luoghi giusti. “Rockstar dell’archeologia” come l’ha definito la Barbara D’Urso di turno, capace di scombussolare le donne più strutturate, tutto istinto e carnalità, sorrisi candidi e sguardi densi, cultura e provocazione. Sarebbe bello se il libro fosse una videocamera (o un drone, visto che tanto se ne parla) sui gesti di questo novello Durante. Ma la storia non è altro che una panoramica carnascialesca dell’Italia di oggi (o dell’Italia carnascialesca di oggi?), dove l’autenticità viene gridata da improvvisati “specialisti in verità alternative”, costruita con irriverente ironia, ma al contempo con una prosa talvolta inutilmente ridondante. Un insieme di cliché politicamente corretti (sogni perduti, disillusioni, desideri indotti, speranze dissipate, perdite di valori), dove anche gli - incerti - smarrimenti emotivi si limitano ad essere il terreno di rifrangenza di frustrazioni matrimoniali di altoborghesi benpensanti. Il “teatro” è il nostro triste paese. Ma dei sogni, di quei sogni che possono rovinare una persona, o renderla felice, evocati nel finale, non v’è traccia alcuna, PS: più che “dove siano finiti i sogni”, mi chiedo dove sia finito il De Carlo che rubavo negli scaffali della libreria di mio padre.
Divorato in un pugno di giorni nonostante le 400, dense pagine. Preparatevi a ore godibili e non poche risate con l'istrionico marchese Guiscardini, il conteso "teatro di impianto ellenistico" scoperto sotto casa ma soprattutto la straripante guerriglia politica e mediatica che scoppia attorno alla paternità del teatro stesso. Forse per la prima volta, il fiore all'occhiello del libro è una satira lucidissima e pungente -da un lato, sul patinato mondo della TV generalista (impossibile non riconoscere nella Roberta Riscatto conduttrice nazionalpopolare la levigatissima regina del trash quotidiano sulle reti del Biscione) e dall'altro su una classe politica arraffazzonata, cialtrona e maschilista ove è parimenti impossibile non ritrovare il peggio dei pentastellati e dei sovranisti nostrani. Ce n'è per tutti, insomma, in questo affresco irriverente e ben congegnato che mi sento davvero di promuovere a pieni voti.
Recensioni
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