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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2024
Libro vincitore del Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica 2022
La nascita della scienza moderna in un lussureggiante intrico di storie
«Nel suo appassionante viaggio tra le scoperte che hanno rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo, Benjamin Labatut ribalta ogni luogo comune su chi le ha compiute. E soprattutto sul loro metodo: più visionario che positivista» - Marino Niola, Robinson
«Si accendono come visioni, come improvvise epifanie, i capitoli di Quando abbiamo smesso di capire il mondo» - Left
«La matematica e la scienza raccontate come un'inquietante, grandissima storia di fantasmi» - Philip Pullman
C'è chi si indispettisce, come l'alchimista che all'inizio del Settecento, infierendo sulle sue cavie, crea per caso il primo colore sintetico, lo chiama «blu di Prussia» e si lascia subito alle spalle quell'incidente di percorso, rimettendosi alla ricerca dell'elisir. C'è chi si esalta, come un brillante chimico al servizio del Kaiser, Fritz Haber, quando a Ypres constata che i nemici non hanno difese contro il composto di cui ha riempito le bombole; o quando intuisce che dal cianuro di idrogeno estratto dal blu di Prussia si può ottenere un pesticida portentoso, lo Zyklon. E c'è invece chi si rende conto, come il giovane Heisenberg durante la sua tormentosa convalescenza a Helgoland, che probabilmente il traguardo è proprio questo: smettere di capire il mondo come lo si è capito fino a quel momento e avventurarsi verso una forma di comprensione assolutamente nuova. Per quanto terrore possa, a tratti, ispirare. È la via che ha preferito Benjamín Labatut in questo singolarissimo e appassionante libro, ricostruendo alcune scene che hanno deciso la nascita della scienza moderna. Ma, soprattutto, offrendoci un intrico di racconti, e lasciando scegliere a noi quale filo tirare, e se seguirlo fino alle estreme conseguenze.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il libro è un cammino fianco a fianco con alcuni geni della matematica e fisica del 900. Leggendo, si entra nella loro testa, si gode delle loro epifanie e regressioni. Il messaggio potente del libro è che più si cerca e ci si addentra, più si infittisce il mistero e sempre più la realtà evolve a probabilità effimera. Già con il socratico "so di non sapere" l'uomo aveva smesso di capire il mondo, solo che ogni volta si distrae e ricomincia a cercare di capirlo, nel bene e nel male.
Labatut costruisce in questo singolare romanzo un ipotetico percorso che racchiude le principali tappe della ricerca fisica e matematica dell'ultimo secolo. Il ritmo iniziale è altissimo e lascia il lettore sbigottito: da un lato sembra che si vada dappertutto, all'altro che non si stia andando da nessuna parte. Le idee e le intuizioni vengono sbattute in faccia con poco approfondimento (ripenso sempre a un amico che diceva: "quando non sai niente di una cosa, tutto sembra plausibile"), ho pensato "ma è tutto così?". Poi invece ci si accorge che il piano inclinato sta spianando, la velocità diminuisce e si comincia a capire che qualcosa sta succedendo, che la trama di citazioni e scoperte ha in effetti un nesso e che questa ricostruzione ha uno scopo. Alla fine, chiuso il libro, ho pensato "che meraviglia". Perché, al di là del modo in cui ci si arriva, il postulato finale è sconvolgente e profondamente vero: il mondo è dominato dalla tecnica ma la tecnica, ormai, può raccontare solo le probabilità, ha perso qualsiasi speranza di poter descrivere il mondo (e capirlo); usa formule che funzionano nella pratica ma che non comprende appieno, lanciata sempre più rapidamente verso un futuro di cui ignora le forme e i confini. Un romanzo atipico e a suo modo geniale, che richiede fiducia e una certa predisposizione ma che ripaga ampiamente dello sforzo, aprendo percorsi di riflessione estremamente interessanti e drammaticamente attuali.
L’idea di fondo è interessante: ricostruire alcune delle grandi scoperte scientifiche che, oltre a definire la scienza moderna, hanno contribuito alla consapevolezza di quanto sia limitata la nostra capacità di comprendere la vera essenza della realtà e i fenomeni su cui essa si regge. Tra i casi esaminati figurano, ad esempio, i buchi neri di Schwarzschild e il principio di indeterminazione di Heisenberg. Il filo conduttore su cui l’autore corre per tutto il testo è quello di un parallelismo, a volte palese, a volte più sottile, tra il lato impenetrabile della realtà e la parte oscura e folle della natura umana, come dimostrato dalle biografie degli scienziati protagonisti e dai riferimenti a chi (gli eserciti della prima guerra mondiale con i gas tossici, i nazisti con lo Zyklon B, gli americani con la bomba atomica) di queste scoperte hanno fatto uso per fini di guerra e distruzioni di massa. Nel far ciò, nel rincorrere questo parallelismo, lo scrittore si avvale della finzione, mescola fatti reali e inventati, immagini scene di vita degli scienziati, e qui sta a mio avviso il limite del libro. Ho trovato il ricorso alla finzione a tratti eccessivo, poco credibile e non sempre giustificato (si rasenta il grottesco in alcuni episodi immaginati delle vite degli scienziati), al punto da compromettere il valore complessivo dell’opera. Va bene l’utilizzo della finzione ma avrei preferito un maggior rigore.
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