Il caso Ditlevsen e gli autori contemporanei
Merita un discorso a parte il caso di Tove Ditlevsen, autrice novecentesca riscoperta postuma in seguito alla traduzione inglese delle sue opere. Scrittrice cara alle tematiche proletarie e con una spiccata attenzione verso la condizione femminile, venne a lungo dimenticata e celebrata solo in patria, fino a diventare negli anni duemila una delle autrici più apprezzate da pubblico e critica a livello globale, considerata pioniera del genere dell’auto fiction. Negli ultimi decenni del novecento invece si distinguono diverse voci poetiche, tra le più significative del modernismo lirico scandinavo, a partire da Inger Christensen e Henrik Nordbrandt, fino ad arrivare al mondo surreale di Morten Søndergaard, attivo dagli anni novanta. La narrativa contemporanea si caratterizza per il virtuosismo formale tipico del postmodernismo e per le suggestioni del «realismo magico», con Ib Michael, Peter Høeg, autore del famoso Il senso di Smilla per la neve, e Janne Teller, ma anche per il filone realistico e psicologico, con Jens Christian Grøndahl e Henrik Stangerup. A completare il quadro una prolifica produzione di gialli con Jussi Adler-Olsen, Sara Blædel, Anna Grue e Olav Hergel, autore del celebre romanzo Il fuggitivo.
L'ottocento e il novecento
Superata la parentesi illuminista con il poligrafo Ludvig Holberg (1684-1754), passando attraverso il pietismo e il sentimentalismo, l'ottocento si apre all'insegna del romanticismo di stampo tedesco, grazie all’opera di Adam Gottlob Oehlenschläger (1779-1850), poeta del risveglio nazionale, e di Nicolai Frederik Severin Grundtvig (1783-1872). Di particolare rilievo in questo periodo sono soprattutto le figure di Søren Kierkegaard (1813-55), padre dell'esistenzialismo e di Hans Christian Andersen (1805- 75), il più noto degli scrittori danesi, autore di più di 150 fiabe, in cui la commistione di folklore popolare e racconto dell’infanzia ne hanno consacrato per sempre fama e valore. Altresì importante la svolta naturalista di metà secolo, rappresentata da figure come Georges Brandes, Jens Peter Jacobsen, Henrik Pontoppidan, vincitore insieme al modernista Karl Gjellerup del Premio Nobel nel 1917. Anche la narrativa di Herman Bang (1857- 1912), vicina alle ragioni del realismo, ha la peculiarità di concentrarsi maggiormente sui conflitti psicologici. In polemica con le teorie di Brandes si afferma a fine secolo la poetica simbolista di Johannes Jørgensen (1866-1956), Sophus Claussen (1865-1931) e altri, alla ricerca di una verità profonda oltre la parvenza materiale.
A rappresentare una svolta nel novecento è la letteratura modernista di Johannes Vilhelm Jensen (1873-1950), considerato il primo grande scrittore danese del XX secolo e vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1944. Negli anni tra le due grandi guerre è il turno invece delle avanguardie artistiche e dell’espressionismo. Da ricordare le poesie futuriste di Emil Bønnelycke (1893-1953), e la poetica irriverente e trasgressiva di Jens August Schade (1903-78). Non tardano a farsi sentire anche gli influssi della psicoanalisi e del marxismo, tematiche fondamentali nelle opere di Tom Kristensen (1893-1974), Hans Christian Branner (1903-66), e Hans Scherfig (1905-79). Si distingue poi la voce femminile di Karen Blixen (1885-1962), la sovrana storyteller alla ricerca della dimensione mitica e della perfezione artistica quale gesto stoico di fronte al dolore della vita. Anche la drammaturgia vive un periodo d’oro grazie all’innovazione e alla critica antiborghese di Carl Erik Soya (1896-1983), Kjeld Abell (1901-61), e Kaj Munk.
Le origini
Una letteratura danese originale inizia relativamente tardi. Accanto alla produzione in lingua latina, tra cui spicca la Gesta danorum, nella quale il cronista Saxo Grammaticus ricostruisce la storia del suo paese, si sviluppa in Danimarca una vasta letteratura di traduzione e adattamento di testi religiosi e profani provenienti dal continente, in particolare le ballate di origine semidotta di stampo francese. Tra il cinquecento e il seicento, oltre al filone storico-nazionalistico e antiquario, rappresentato da Ole Worm (1588-1650) e Thomas Bartholin (1659-90), si può ricordare una tenuissima produzione teatrale.