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I libri di Terzani mi piacciono perché ogni capitolo è una sorpresa, una nuova terra lontana ci aspetta e lui, da bravo giornalista, ce la descrive nei suoi profumi, nei suoi colori, tradizioni, usanze, storia, ogni luogo dove Terzani ha messo piede prende forma nella nostra mente grazie alle sue parole. E questa è un’abilità non solo dei giornalisti, ma soprattutto dei grandi scrittori. Per quanto si è potuto dire su Terzani, resta comunque una figura ancora in ombra nel panorama italiano, e credo che libri come questo, o come “Un Indovino Mi Disse”, siano da leggere almeno una volta nella vita, per capire come il Mondo ha mille sfaccettature che noi non possiamo nemmeno immaginare. E poi c’è il tema della malattia, quella malattia che troppo spesso non ti dà scampo, ma Terzani la trasforma in un’opportunità per cambiare, cambiare vita per cambiare se stessi. Personalmente mi sento di dire "Grazie" ad un straordinario autore che è stato un instancabile viaggiatore, fino alla fine, capace di raccontare anche il suo ultimo viaggio, quello più difficile, ma non per questo, quello più brutto.
Tiziano Terzani ci racconta con la sua originale ironia fiorentina il percorso della sua convivenza con il tumore. In questo difficile periodo si allontana dalla sua casa in India per affrontare un lungo pellegrinaggio alla ricerca di una cura al suo male. Giornalista molto attento e scrupoloso, Terzani non si fa ingannare da civiltà e religioni affascinanti, ma distilla il meglio da queste senza farsi annebbiare la mente. Questo libro è un dono, stimola la curiosità e ogni sua pagina fa riflettere su quanto ognuno di noi è fortunato di poter ancora fare "un altro giro di giostra".
Che Tiziano Terzani fosse un giornalista instancabile e appassionato, è forse noto a coloro che hanno seguito la sua carriera; ma quanto amasse la vita solo chi ha letto questo libro può saperlo. Un altro giro di giostra non è il quaderno di viaggio di un uomo che, disperato, ci racconta il percorso che lo porterà alla fine; ma la testimonianza di un coraggioso che, a dispetto della condanna che la medicina e il suo corpo malato sembrano infiggergli, trova in quello che noi chiamiamo «male incurabile», quasi che la parola «cancro» potesse portare con sé quella carica di male che le attribuiamo, un nuovo punto di partenza. C’è chi, dopo una diagnosi così terribile, si arrende, comincia a vivere nella consapevolezza che niente potrà rimettere a posto le cose e così muore poco per giorno, regalando vita facile alla malattia. Ma c’è anche chi, dopo quell’istante di terrore, decide di abbandonare la sua casa, la sua fino ad allora rassicurante vita e ricominciarne una completamente diversa, magari a centinaia di chilometri di distanza. E’ proprio questa la via scelta da Terzani, in un viaggio che lo porterà in India, in Thailandia, ad Honk Hong e poi di nuovo in India, sul tetto del mondo:l’ Himalaya; prima, forse, con la speranza di guarire, di trovare in altre forme un rimedio a quella macchia scura, poi solo con la speranza di imparare a vivere davvero e ad accettare la morte come l’altra naturale parte della esistenza. Tutto è scritto senza retorica, senza falsi sentimentalismi, senza l’intento di ergersi ad insegnanti né a giudici, con molta semplicità. Quella che solo il dolore regala. Ho conosciuto una donna che aveva il cancro; era un’amica di famiglia. Non era sempre stato così: aveva avuto una vita felice, due figli e un marito che la amava sopra ogni cosa, con cui faceva mille progetti per l’avvenire. Adesso lei, da un anno, non c’è più; e questo fa già male. Ma la cosa più terribile è che l’abbiamo vista andarsene con rassegnazione, senza ormai più forza per combattere. Tiziano, forse, avrebbe potuto insegnarle questo: ad attaccarsi alla vita con le unghie e con i denti, a riscoprire in sé un altro sé in ogni istante, anche nell’ultimo, a trovare il bene nascosto nel male, a rendersi conto che “questo non è il solo mondo,(…) non è il solo tempo, (…) né la sola vita”.
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