Attore e regista statunitense. Di umili origini, dall'American Negro Theater giunge a Broadway (Lysistrata, 1946). Esordiente in Uomo bianco tu vivrai (1950) di J.L. Mankiewicz, è comprimario (Il seme della violenza, 1955, di R. Brooks) e coprotagonista di carattere (Nel fango della periferia, 1957, di M. Ritt) in pellicole che affrontano il problema razziale attraverso sottili introspezioni psicologiche (La banda degli angeli, 1957, di R. Walsh) ed edificanti sviluppi narrativi (La parete di fango, 1958, di S. Kramer), tra scintille di autentico anticonformismo (Qualcosa che vale, 1957, di R. Brooks). Attore di eccellente versatilità (Porgy and Bess, 1959, di O. Preminger), è il primo nero a raggiungere lo stardom hollywoodiano e a ricevere un Oscar (I gigli del campo, 1963, di R. Nelson) divenendo simbolo di un progressismo antirazzista che fermenta nel paese. Funzionale alla retorica sul conflitto razziale (Incontro al Central Park, 1965, di G. Green), ne personifica una visione «corretta», sospetta di facile populismo (Indovina chi viene a cena, 1967, di S. Kramer) ma di sicuro successo. Passa intanto al poliziesco con il fortunato La calda notte dell'ispettore Tibbs (1967, due seguiti) di N. Jewison ed esordisce nella regia nel segno del western (Non predicare... spara, 1972). Regista diseguale nella commedia, di cui resta protagonista, trova in G. Wilder un ideale interprete (Nessuno ci può fermare, 1980) diradando sempre più le proprie apparizioni (Nikita - Spie senza volto, 1988, di R. Benjamin).