"Regista e sceneggiatore italiano. Dopo un lungo apprendistato come critico, sceneggiatore e aiuto-regista, realizza alcuni documentari che lo segnalano all'attenzione della critica ed esordisce con Cronaca di un amore (1950, Nastro d'argento), film che segna la fine del neorealismo e la nascita di una nuova stagione del cinema italiano. Con il successivo I vinti (1953) si addentra nelle oscure dinamiche che spesso regolano i comportamenti umani, narrando tre storie di assurda violenza. Dopo La signora senza camelie (1953), in cui ritrae criticamente il mondo del cinema, e Le amiche (1955), film sulle inquietudini femminili borghesi tratto dal romanzo di Pavese Tra donne sole, nel 1957 dirige Il grido, racconto di un viaggio senza meta di un uomo in crisi che finisce col suicidarsi. Con L'avventura (1960, premio Cannes nella sezione «Un certain regard»), A. inizia quella che è stata definita «la trilogia dell'incomunicabilità» che comprende anche La notte (1961, Orso d'oro) e L'eclisse (1962, premio speciale della giuria a Cannes). Sono film che rappresentano il vuoto assoluto di esistenze perdute nella quotidianità, di personaggi borghesi annoiati e/o immobilizzati in una crisi la cui prima spia è la fine di una storia d'amore, ma sono, soprattutto, opere che rinnovano la drammaturgia filmica. Comunicazione rarefatta, lunghi e dilatati piani-sequenza, tempi morti, finali aperti; A. trasforma le sue storie in una sorta di autopsia dei rapporti umani, una lenta e inesorabile dissezione del disagio di essere. Con Deserto rosso (1964, Leone d'oro), suo primo film a colori, prosegue tematicamente su questa scia, esplorando anche l'uso non naturalistico del colore, che diviene indice soggettivo delle sensazioni della protagonista, Giuliana, in forte crisi depressiva. Con il successivo Blow-up (1966, Gran premio internazionale a Cannes), adattamento di un racconto di J. Cortázar e sua prima produzione con capitali esteri, A. si confronta con la vacuità illusoria delle apparenze, attraverso la storia di un fotografo di moda convinto di avere immortalato per caso un omicidio della cui effettiva sussistenza è costretto infine a dubitare. Dopo l'immaginifico ma controverso Zabriskie Point (1970), ambientato negli anni della contestazione dei giovani americani, con Professione: reporter (1975) A. ritorna ai temi prediletti della crisi della modernità, che trova un riscontro speculare in personaggi che assistono allo sfaldamento delle proprie esistenze. La storia di un giornalista che decide di assumere l'identità di un uomo morto è infatti, ancora una volta, segnale di uno smarrimento esistenziale che il regista coglie come tipico del proprio tempo. Dopo lo sperimentale Il mistero di Oberwald (1980), realizzato in alta definizione, e l'interessante ma verboso Identificazione di una donna (1982), A. si ritira a causa di una malattia. Ritorna alla regia, in collaborazione con W. Wenders, con i quattro episodi che compongono Al di là delle nuvole (1995), film irrisolto e didascalico che soffre di un eccesso d'ostentata «poeticità» nella sceneggiatura firmata da T. Guerra. Nel 2002 è di nuovo al lavoro per raccontare un triangolo d'amore in Il filo pericoloso delle cose, episodio del film collettivo Eros (2004). Si spegne a poche ore dalla morte del regista svedese I. Bergman, altro grande indagatore dell'incomunicabilità e innovatore della drammaturgia cinematografica. (fm)"