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La commedia antica, secondo la scansione ideata dai filologi alessandrini, rappresenta la prima fase della produzione comica attica, dalle sue origini fino al IV secolo. Questo genere teatrale, la cui nascita è successiva alla tragedia, si distingue per testi densi di satira politica che rimandano in modo esplicito al contesto storico e culturale che faceva da sfondo alla rappresentazione delle commedie. Per comprendere quindi “Le donne al parlamento” (in greco Ἐκκλησιάζουσαι), commedia messa in scena nel 391 a.C. da Aristofane (445/44 a.C. – 386/85 a.C.), unico rappresentante della commedia antica di cui ci sia giunto un corpus completo di opere, è necessario fare un passo indietro e conoscere gli eventi che avevano travolto Atene nel corso degli anni precedenti. Con la sconfitta contro Sparta nella Guerra del Peloponneso, nel 404 a.C., Atene aveva infatti perso la gloria e il potere militare che l’avevano resa una potenza navale e si era dovuta piegare per alcuni mesi a un regime oligarchico guidato dai cosiddetti Trenta Tiranni. In uno scenario in cui le scelte politiche adottate dagli uomini ateniesi si erano dimostrate totalmente fallimentari e avevano portato alla completa rovina della polis, Aristofane immagina una commedia in cui la guida di Atene è affidata alle donne. La messa in scena di questo governo utopico non aveva chiaramente lo scopo di esaltare un’eventuale ginecocrazia, ma, attraverso satira e parodia, mirava a offrire una riflessione sul fallimento della classe politica ateniese. (analisi completa su www.francescacocchi.it)
Nel cuore della notte un gruppo di donne Ateniesi ordiscono un piano segreto per prendere il potere della città, funestata da anni di malgoverno: travestirsi da uomini e conferire alle donne la capacità decisionale. La linea comico-narrativa è geniale: gli uomini non sono persuasi dalle donne, ma da quelli che credono essere altri uomini. Gli uomini ateniesi accettano di trasferire i poteri alle donne non perchè convinti da queste, ma da pseudo-uomini. E' qui che risiede l'elemento comico-tragico, presente anche nella modernità: non conta il peso, il valore di un'argomentazione, ma chi esprime quell'argomentazione.
Opera che ricorda fortemente la mia commedia preferita di Aristofane incentrata sullo scambio dei ruoli tra uomini e donne, la "Lisistrata", e che perciò mi è piaciuta molto. La vicenda inizia con un gruppo di mogli ateniesi che, dopo aver rubato gli abiti maschili dei loro mariti ed essersi fatte crescere peli e barba, vanno a partecipare all'assemblea popolare, la famosa Agorà, il cui accesso era consentito solo agli uomini. Le loro nuove idee, riguardanti la proprietà della terra, l'uguaglianza e persino il sesso, incontrano un misto di indignazione e di curiosa popolarità. La commedia è molto divertente e le donne protagoniste sono descritte come vivaci, divertenti e maliziosamente sagaci, al contrario dei loro mariti che appaiono come esageratamente lenti. Aristofane ripropone lo stesso gioco della Lisistrata: la trama, i personaggi e il messaggio che viene trasmesso. Per molti versi, Aristofane sembrava essere molto in anticipo sui tempi: è più di un semplice comico, è anche un sottile intellettuale. Difficile, tuttavia, vedere in queste commedie un vero e proprio attacco del poeta al patriarcato, ancora molto forte all'epoca, ed ergerlo a paladino dei diritti delle donne nel mondo greco.
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