I beati anni del castigo

libro breve ma intenso, con uno stile di scrittura eccellente. Un racconto interessante e mai scontato

Il primo romanzo di Fleur Jaeggy che ho letto, conoscevo già i suoi bellissimi racconti. Non è una lettura per tutti, ci vuole molta attenzione per cogliere, per darsi i benvenuti dentro la sintassi precisa e matematica della scrittrice. Sicuramente si riconferma come una grande scrittrice.

La voce narrante descrive la sua esperienza, ormai giunta al termine, di allieva di un prestigioso collegio. “Internata” (come lei stessa si definisce) dall’età di otto anni, ogni istante della sua vita è scandito dalle imposizioni che giungono dai genitori lontani e solitarie passeggiate nel freddo paesaggio svizzero. Al collegio giunge “una nuova”, alla quale la protagonista si affezionerà particolarmente. Nel retro della tela di questo quadro perfetto si nasconde un tarlo, la grinza che ricopre il velo candido del mondo. Questo romanzo è particolare: molto breve, gioca sulle sensazioni più profonde della protagonista, la quale ricorre a un elaborato stream of consciousness che si mescola con la narrazione degli eventi vera e propria. Aleggia un’aura di mistero attorno a questa vicenda, tanto che non si comprende mai fino in fondo la natura dei personaggi, che appaiono quasi come fantasmi. Ho amato questo romanzo per la sua scrittura, più che per la trama. Gli accostamenti adoperati da Jaeggy sono stupefacenti; in un testo simile ricerco esattamente questo genere di tragicità. Probabilmente avrei preferito che le relazioni tra le ragazze venissero maggiormente sviluppate, ma nel complesso è stata una bella lettura.