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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2017
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«L'Agnese restò sola, stranamente piccola, un mucchio di stracci neri sulla neve».
«L'Agnese va a morire è una delle opere letterarie piú limpide e convincenti che siano uscite dall'esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza [...]. Piú esamino la struttura letteraria di questo romanzo e piú la trovo straordinaria. Tutto è sorretto e animato da un'unica volontà, da un'unica presenza, da un unico personaggio [...]. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre piú grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all'interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra [...]». (Sebastiano Vassalli)
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Una delle opere più significative, limpide e convincenti che possano essere uscite dall’esperienza storica e umana della Resistenza italiana nella Seconda Guerra Mondiale, documento prezioso per far capire ciò che successe in quegli anni. La struttura su cui si narra il romanzo è un qualcosa di straordinario, dove tutta la trama della storia è sorretta, animata e gira attorno ad un’unica volontà, da una sola presenza e da un unico grande personaggio qual è l’Agnese. Più si legge la storia e più si ha la sensazione che i luoghi dove vengono narrate le vicende, la guerra e gli eserciti a poco a poco si riempiono alla presenza della Donna protagonista, come i tedeschi e gli Alleati in confronto a lei sono solo figure sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compiesse all’interno dell’Agnese, come se lei si dovesse portare il peso e la fatica della Guerra stessa. Tempo fa sentii parlare sul BookTok in maniera positiva di questo romanzo e da lì ho iniziato a pensarci di leggerlo, l’ho letto e ha superato le mie aspettative. Ve lo consiglio
uno dei libri più belli che abbia mai letto, lettura davvero meravigliosa e scritto divinamente
L'Agnese va a morire è un'opera difficile da catalogare in quanto non rientra nello stile del diario partigiano (di cui è un esempio il libro di Ada Gobetti), ma neanche in quello del romanzo della Resistenza, i cui modelli maggiori sono Calvino, Fenoglio, Pavese e Vittorini. Infatti l'elaborato di Renata Viganò era stato pensato dapprima come una raccolta di racconti, legati tra loro dalla figura di Agnese, e solo in seguito è stato assemblato dando vita ad una forma ibrida fortemente apprezzata dal pubblico. Il lessico è quello tipico dell'area emiliana (caratteristica riscontrabile sin dal titolo), i dialoghi sono veloci e spesso accompagnati da gesti, al fine di enfatizzare la natura semplice dei contadini. I luoghi invece, sono appuntati solo con la lettera iniziale, per dare l'idea del moto inarrestabile dell'azione partigiana, che non riguarda solo le valli di Comacchio, bensì l'intera nazione. Lo stile narrativo, seppur semplice, è di gran lunga importante in questo libro poiché cambia spesso ritmo in base alle vicende. I combattimenti dei compagni sono descritti in modo breve e generico, a differenza degli assalti tedeschi dove l'andamento si fa più lento e di cui vengono narrati i dettagli cruenti. Tutto ciò conferisce alla storia picchi drammatici, di fronte ai quali ancora oggi, a distanza di quasi ottant'anni, è impossibile rimanere impassibili e che coinvolgono il lettore per tutte le 246 pagine. Non mancano elementi autobiografici, in primis la figura della protagonista che si ispira (come rivelato dalla stessa autrice) non solo alla donna con la quale entrò in contatto in seguito alla detenzione del marito Antonio Meluschi, ma anche a tutte quelle figure femminili fondamentali per la vittoria partigiana. Anche il tema della maternità mancata, ma comunque sentita (Agnese diventerà la mamma dell'intera brigata) ricalca molto quello che è il vissuto della Viganò.
Recensioni
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