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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2013
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«Un romanzo più unico che raro per Simenon, che è stato ossessionato dai ricordi della guerra e che nel '40 è stato responsabile di un campo di profughi belgi a La Rochelle» - Fabrizia Ramondino, l'Espresso
«Grande romanzo, Il treno: per la capacità del suo autore di concentrare in meno di centocinquanta pagine l'affresco storico e la vicenda privata; per la straordinaria efficacia dei dialoghi... per la sapienza con la quale (bastano talvolta pochi tocchi: un corpo nudo sotto il vestito, un paio di mutandine stese al sole) l'immaginazione sa nutrire l'erotismo.» (Giorgio Montefoschi)Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il titolo di questa recensione potrà sembrare una frase fatta, ma è senz'altro adatto al libro in questione. Una storia febbrile in un periodo storico che mette alla prova ogni aspetto della natura umana, un'avventura nata per aver preso un treno al posto di un altro e un finale forse prevedibile, ma comunque coinvolgente.
Chi legge Simenon sa che il suo punto di forza è la capacità di intessere trame stupefacenti per originalità e profondità, attraverso o nonostante una scrittura essenziale. Ed è altrettanto vero che non si può ignorare che dietro ogni trama c’è una lettura psicologica, che i suoi protagonisti sono spesso personaggi umili, mediocri con le paure e i limiti di ogni essere umano. Ed è quello che si percepisce con “Il Treno”, racconto dal titolo emblematico. È l’alba del 10 maggio 1940. Marcel si è svegliato presto quella mattina. A svegliarlo non è stata sola l’aria umida e calda della stanza, quanto piuttosto l’abitudine acquisita sin dai tempi del suo ricovero in un sanatorio. Ha tutto il tempo per godersi con calma questo dolce momento della giornata, mentre la moglie e la figlia dormono ancora. Ma a turbare la quiete mattutina , una comunicazione da una stazione radio belga. I tedeschi hanno invaso il Belgio. La guerra si sta facendo pericolosamente vicina. Preparati in fretta i bagagli, la famigliola si dirigerà verso la stazione con la speranza di salire su uno di quei treni per sfollati, ma nella confusione generale verranno divisi. Marcel salirà su un vagone merci. Su quel convoglio senza tempo e senza meta alcuna, viaggerà con altri sfollati, compagni di viaggio sconosciuti, con cui condividerà tutti i disagi che quel viaggio comporta. Una ragazza vestita di nero e senza bagaglio catturerà la sua attenzione….”Il Treno” è dunque una meravigliosa metafora. Sullo sfondo c’è la guerra, quella vera, con gli aerei che si abbassano sui convogli in corsa con i feriti e con i morti, ma è soprattutto un viaggio inteso come ricerca di se’ . E poi ci sono i ricordi, quelli che vengono interpellati per poter dire “non sono sempre stato così . Simenon riesce , con maestria, a presentarci una lettura come mezzo di analisi e di riflessione profonda su se stessi. Una trama “superba” che lascia un segno.
" Non avevamo più responsabilità, iniziative da prendere. Niente più dipendeva da noi, neppure il nostro destino. Non c'era più ieri, non ci poteva essere domani. Il tempo passava lentamente e velocemente, travolti da un vortice di eventi e di emozioni." Sono le parole di Simenon e tratteggiano lo sfondo degli accadimenti narrati: profughi in marcia per sfuggire alla bieca malvagità degli invasori tedeschi provenienti dal Belgio e dal nord della Francia. Attraverso la lettura di queste pagine, possiamo comprendere, ancor più e meglio delle immagini trasmesse dai media , non solo il dramma degli ucraini, ma altresì quello di quei soldati russi, che - loro malgrado - si ritrovano ad uccidere inermi civili peraltro legati a loro da antichi vincoli di fraternità e di storia comune.
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