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Due Federico, l'uno soldato senza più molte ragioni per vivere, l'altro ispettore ministeriale alla ricerca di un conte misterioso di cui nessuno sa nulla. Distanti secoli eppure accomunati dal paesaggio mistico, tragico e lunare del monastero di Bobbio. Le dita magiche della regia di Bellocchio snodano questa esilissima trama, mescolando molti suoi temi caratteristici: l'ossessione religiosa, l'angoscia del vivere, il suicidio, la passione, la famiglia prigione e sostegno. La parte del Federico soldato, sostenuta da una splendida colonna sonora di voci bianche, emana un senso di disperazione e di nulla, eppure anche in questo film Bellocchio non rinuncia a muovere lo spettatore al riso, negli splendidi camei di Filippo Timi e Toni Bertorelli. Il viso agghiacciato di Piergiorgio Bellocchio, che interpreta con eclettismo entrambi i Federico, e quello greve di ironia di Roberto Herlitzka; un finale in cui il sacrifico della giovinezza e gli anni perduti sono capaci di commuovere, anche se è perenne la promessa che la bellezza - tesi di questo film - dopotutto non muore.
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