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Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato moderno
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Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato moderno - Chiara Cordelli - copertina
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Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato moderno

Descrizione

Un'analisi quanto mai necessaria, che permette di comprendere la natura del conflitto profondo tra privatizzazione e legittimità democratica e di immaginare un nuovo modo di concepire e gestire collettivamente la cosa pubblica.


I confini tra il pubblico e il privato sono sempre più indefiniti. Il ruolo dello Stato moderno, nato per separare pubblico e privato, è cambiato profondamente negli ultimi anni e ha subito radicali trasformazioni nel modo di governare e amministrare la cosa pubblica. Viviamo sempre di più nell'era dello Stato privatizzato, o, per meglio dire, in una privatocrazia , dove lo Stato dirige, ma è il privato che spesso gestisce. Se prima governare significava spendere e amministrare direttamente, ora non di rado equivale a coordinare e incentivare una serie di attori privati sfruttandone le capacità organizzative e l'autonomia decisionale. Una privatizzazione incalzante che è ormai un fenomeno di scala globale: per decenni i governi di tutto il mondo hanno promesso una maggiore efficienza rivolgendosi a società private per fornire beni pubblici, quali la sanità, l'istruzione e i trasporti. Tragicamente, la pandemia di Covid-19 ha mostrato la falsità di tale promessa, mettendo in luce l'inefficienza e l'ingiustizia di molti sistemi privatizzati. In Italia, ad esempio, sono emersi i limiti della privatizzazione della sanità; prima ancora, dell'istruzione. Ma la minaccia più profonda che la privatizzazione pone al nostro ordine democratico, mettendo in discussione la sua stessa legittimità, resta invisibile e assente dal dibattito pubblico. Affrontando il tema del rapporto tra pubblico e privato da un punto di vista politico, e non in termini di mera efficienza economica, Chiara Cordelli propone una riflessione sulla trasformazione dello Stato contemporaneo. Una diagnosi lucida, che dimostra come la tendenza a privatizzare metta a rischio la legittimità dello Stato democratico stesso, compromettendo la ragione fondamentale per la quale esso esiste.

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Dettagli

2022
19 aprile 2022
144 p., Rilegato
9788804751076

Valutazioni e recensioni

gigateo
Recensioni: 5/5
Un libro necessario

Privato è bello? Pare proprio di no e "Privatocrazia" ci spiega perché, aiutandoci a sfatare il mito che presume che la gestione privata dei sevizi pubblici sia più efficiente ed economica. Anzi, fa di più: ci spiega che se anche fosse vero (e non lo è quasi mai come dimostra il caso USA) ciò non sarebbe sufficiente a giustificare un aumento di privatizzazioni perché il pubblico perderebbe le capacità di gestione, di programmazione e di amministrazione del bene collettivo e questo metterebbe addirittura a rischio la tenuta democratica. La gestione dei servizi pubblici deve, cioè, essere esercitata in "nome di tutti". Penso che l'esempio della mala gestione dell'emergenza Covid da parte della sanità lombarda sarebbe più che sufficiente per suffragare tale ipotesi, ma nel libro ne vengono citate anche altre rappresentative di tutto il mondo occidentale. Sarò un inguaribile "statalista" ma credo che alcune funzioni fondamentali quali sanità, istruzione e servizi sociali debbano rimanere completamente pubbliche. Condivido, insomma, l'opinione dell'autrice secondo la quale "i privati hanno una difficoltà costitutiva, in quanto privati, ad agire nel nome del pubblico, anche se e quando dotati delle migliori intenzioni." Da esplorare ed approfondire il sistema di codeterminazione sul modello delle imprese private tedesche, lo vedo di difficile applicazione al nostro sistema burocratico amministrativo ma sarebbe una interessante sperimentazione.

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gigateo
Recensioni: 4/5
Pubblico è meglio

Privato è bello? Pare proprio di no e "Privatocrazia" ci spiega perché, aiutandoci a sfatare il mito che presume che la gestione privata dei sevizi pubblici sia più efficiente ed economica. Anzi, fa di più: ci spiega che se anche fosse vero (e non lo è quasi mai come dimostra il caso USA) ciò non sarebbe sufficiente a giustificare un aumento di privatizzazioni perché il pubblico perderebbe le capacità di gestione, di programmazione e di amministrazione del bene collettivo e questo metterebbe addirittura a rischio la tenuta democratica. La gestione dei servizi pubblici deve, cioè, essere esercitata in "nome di tutti". Penso che l'esempio della mala gestione dell'emergenza Covid da parte della sanità lombarda sarebbe più che sufficiente per suffragare tale ipotesi, ma nel libro ne vengono citate anche altre rappresentative di tutto il mondo occidentale. Sarò un inguaribile "statalista" ma credo che alcune funzioni fondamentali quali sanità, istruzione e servizi sociali debbano rimanere completamente pubbliche. Condivido, insomma, l'opinione dell'autrice secondo la quale "i privati hanno una difficoltà costitutiva, in quanto privati, ad agire nel nome del pubblico, anche se e quando dotati delle migliori intenzioni." Da esplorare ed approfondire il sistema di codeterminazione sul modello delle imprese private tedesche, lo vedo di difficile applicazione al nostro sistema burocratico amministrativo ma sarebbe una interessante sperimentazione.

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