Tristan Tzara - pseudonimo di Samuel Rosenstock - è stato uno scrittore e saggista nato a Moinesti, in Moldavia, considerato francese ma di origine romena. Nel 1916, a Zurigo, fondò con R. Huelsenbeck e H. Arp il movimento dada. Nelle «séances» del Cabaret Voltaire cercò di dimostrare che la poesia è una forza viva e che la scrittura è un veicolo non indispensabile; questa presa di posizione fu esplicitata nel Manifesto dada (Manifeste dada) del 1918. Nella collezione «dada» T. pubblicò La prima avventura celeste del signor Antipyrine (La première aventure céleste de monsieur Antipyrine, 1916), seguita da Venticinque poesie (Vingt-cinq poèmes, 1918), fra cui spicca La grande cantilena della mia oscurità tre (La grande complainte de mon obscurité trois): testi emblematici della nuova poesia alogica, preludio al surrealismo. Stabilitosi a Parigi, collaborò con il gruppo surrealista dal 1920 sino al 1934. Nelle sue prime opere (fra cui Sette manifesti dada, Sept manifestes dada, 1924) T. espresse una ribellione totale, nichilistica, contro la società, la morale, il linguaggio, le convenzioni estetiche, lasciando esplodere la sua poesia «latente», che contrappose alla poesia «diretta» dei poeti tradizionali. Ne L’uomo approssimativo (L’homme approximatif, 1930) il flusso elementare e violento delle immagini sembra alludere al primordiale disordine della creazione. In La carta incollata o il proverbio dipinto (Le papier collé ou le proverbe en peinture, 1930) T. individua i veri moventi del nichilismo dada nell’illimitatezza del pensiero e nell’angoscia che prende chi cerca di tradurlo in parole. In seguito, il suo accostamento al marxismo e la forte tensione civile e morale che ne seguì resero il suo pensiero e il suo linguaggio più equilibrati e composti (Mezzogiorni guadagnati, Midis gagnés, 1939; La fuga, La fuite, 1947). In una serie di conferenze pubblicate con il titolo Il surrealismo e il dopoguerra (Le surréalisme et l’après-guerre, 1947) T. mette l’accento sulla rivolta contro la guerra e contro vari aspetti della mentalità borghese, tentando una collocazione storiografica dell’esperienza ormai conclusa.