Poeta italiano. Nato a Modica nel 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa, Salvatore Quasimodo, conseguito il diploma di geometra nel 1919, lascia la Sicilia alla volta di Roma, dove vive con Bice Donetti, che sposa nel 1929
Su invito del cognato Elio Vittorini (marito della sorella Rosa) – si sposta a Firenze, dove, tra gli altri, conosce Eugenio Montale. Qui presentato proprio da Elio Vittorini, entra in contatto con il gruppo di «Solaria». Proprio nelle edizioni della rivista venne pubblicata, nel 1930, la sua prima raccolta di poesie, Acque e terre. Ma è con Oboe sommerso, del ’32, e con Erato e Apollion, del ’36, che Quasimodo divenne uno dei rappresentanti di punta dell’ermetismo.
Nel ’34 si trasferì a Milano, dove, dopo una breve fase di attività giornalistica nella redazione de «Il Tempo», ottenne la cattedra di letteratura italiana al Conservatorio.
Pur non partecipando alla guerra e alla resistenza, si accostò sempre più alla politica, sia come militante (fu iscritto per qualche tempo al PCI) sia, soprattutto, come scrittore, ora attento a un’idea di letteratura «impegnata». Collaborò come critico teatrale a «Omnibus» e a «Il Tempo».
Fu insignito del Nobel per la letteratura nel ’59; nel suo discorso, alla consegna del premio, volle ribadire l’esigenza di una responsabilizzazione politica della letteratura (Il poeta e il politico, pubblicato nel 1960).
Nelle raccolte fino al ’40 (oltre a quelle già ricordate, Nuove poesie, 1936-1942, 1942, poi confluite in Ed è subito sera, ancora del ’42) dominano i temi della terra natale mitizzata come paradiso perduto e dell’esilio del poeta come perdita dell’innocenza e inizio della vita alienata nella società metropolitana. Questa condizione si tradusse in un linguaggio evocativo e insieme metafisico, che si pose come una sorta di «koinè ermetica» (Mengaldo), capace di filtrare nella raffinatezza verbale il mitologismo insulare, mediterraneo, e il suo insistente vitalismo.
Nei dopoguerra il cambiamento (Con il piede straniero sopra il cuore, 1946; Giorno dopo giorno, 1947; La vita non è sogno, 1949; Il falso e vero verde, 1956; La terra impareggiabile, 1958, premio Viareggio; Dare e avere, 1966) con la scelta di tematiche legate alla guerra o alla questione sociale.
Il momento più alto della produzione di Quasimodo è unanimamente individuato nelle sue traduzioni dei Lirici greci, del 1940 (successivamente tradurrà Omero, Virgilio, Catullo, l’Antologia Palatina, ma anche Shakespeare, Neruda).
Fonti: Enciclopedia della Letteratura Garzanti - salvatorequasimodo.it
Sotto: Quasimodo fotografato alla sua scrivania.