(Roma 1896-1982) critico e saggista italiano. Insegnò in università anglosassoni e a Roma, dove tenne la cattedra di letteratura inglese. Al rigore scientifico delle ricerche filologiche ed erudite ha intrecciato la qualità della sua prosa d’arte, sapientissima nell’evocare un ambiente, un personaggio, un clima culturale, un’opera di fantasia, mediante una gamma di registri stilistici che variano dall’ironico al nostalgico, al caustico. La bibliografia dei suoi scritti, fino al 1976 (Panopticon romano secondo, 1977), abbraccia oltre 2320 voci, fra cui una quarantina di volumi, molti tradotti in varie lingue. Fra gli studi di anglistica sono da ricordare: Secentismo e marinismo in Inghilterra (1925), Studi sul concettismo (1934), Storia della letteratura inglese (1937). L’erudizione e il gusto del comparatista emergono in La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica (1950), pietra miliare nella critica della poetica e delle tematiche del decadentismo, e anche nei saggi sui rapporti tra letteratura e arti figurative, da Gusto neoclassico (1940) a Mnemosyne (1971), a Fiori freschi (1982) o in quelle ricerche sul macabro e sul grottesco, colti nei loro aspetti più eccentrici e paradossali, a cui sono dedicate opere come Il patto col serpente (1972, premio Viareggio) e Il giardino dei sensi (1975). Tutti questi motivi confluiscono, elaborati da uno stile raffinatissimo, nelle pagine autobiografiche di La casa della vita (1958), dove le memorie di P. collezionista, soprattutto di oggetti d’arredamento neoclassico, oscillano tra divagazioni, rievocazioni e lirismi estetizzanti.