(Lebedjan, Lipeck, 1884 - Parigi 1937) scrittore russo. Ingegnere navale di professione, esordì con un libro di racconti, La vita in provincia (1911). Seguirono il romanzo breve In capo al mondo (1914), che gli costò un processo per «antimilitarismo e idee sovversive», e i racconti Gli isolani (1917) e Il pescatore di uomini (1921), la cui ambientazione riflette le esperienze di un suo soggiorno in Inghilterra subito dopo la rivoluzione. La scrittura di Z., di tipo espressionistico, esercitò un grande influsso sulla generazione narrativa degli anni Venti, soprattutto sui fratelli di Serapione, di cui Z., che svolse anche un’ampia attività teorica e critica, fu maestro e guida. La pubblicazione del romanzo Noi (che era già uscito in Inghilterra nel 1924 e che non vide mai la luce in Unione Sovietica) su un giornale di emigrati a Praga (1928) accentuò l’ostilità già creatasi intorno a Z. per la sua posizione di intellettuale comunista alieno da ogni forma di dogmatismo. Nel 1932, per l’intervento di Gor’kij, Z. poté lasciare la Russia e si stabilì a Parigi con la moglie. Noi, che tratteggia un quadro satirico di un’immaginaria città collettivista da cui sono banditi individualismo e libertà, contiene, al di là della satira immediata del regime sovietico, l’esaltazione dei diritti dell’uomo naturale, e anticipa le satire sociali di A. Huxley e G. Orwell. Tra le altre opere di Z. si ricordano i Racconti empi (1927), Il racconto del più essenziale (1928), il dramma storico I fuochi di san Domenico (1922), sull’inquisizione spagnola, la gustosissima commedia La pulce (1925), tratta da un racconto di N.S. Leskov, e la tragedia Attila (1928).