(Gärdslösa, isola di Öland, 1793 - Stoccolma 1823) scrittore svedese. Formatosi a Lund e a Uppsala, ricoprì un modesto impiego pubblico nella capitale; ebbe vita solitaria e irregolare, travagliata dall’alcolismo. Una vasta produzione nei campi della poesia epica e lirica e del teatro, fa di lui la figura più importante del romanticismo svedese. L’ingresso di S. nella dimensione romantica, dopo l’epopea in esametri Vladimiro il Grande (1817), ancora viziata dalla retorica neoclassicistica, si ebbe con i due drammi in versi sciolti I martiri (1821) e Le baccanti (1821). Ma il vertice della sua esperienza è rappresentato dai Gigli di Saron (1821), raccolta lirica di altissima ispirazione, cui seguiranno (pubblicate dopo la sua morte) molte altre poesie di qualità non inferiore. Dai temi elegiaci della tradizione questi testi trapassano, con una «ingenuità» di tono che può rimandare a un Novalis o a uno Shelley, a uno sperimentalismo così avanzato da preannunciare Baudelaire e i «maledetti» francesi; mentre la lingua, parallelamente, si muove dalla compattezza formale dei neoclassici verso la prensilità impressionistica e la morbidezza fonica che saranno, molto più tardi, conquiste dei decadenti. Liriche come Endimione o come Il mistero dei sospiri, scoperte nel ’900, divennero esemplari per la moderna poesia scandinava.