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Anno edizione: 2022
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Storia romanzata e molto appoggiata al lato romantico: amore filiale, romantico, per la patria, per l’avvenire; lotta per un mondo nuovo, speranza di una vita più giusta, entusiasmi garibaldini, afflato di equità da essi alimentato e così via. Su questo si innestano le vicende di un Sud martoriato, sfruttato, semplice terra di conquista, la profonda miseria, i gesti non sempre nobili dei protagonisti, fino alla scelta di darsi al brigantaggio, che poi tanto scelta non è, ma quasi un percorso obbligato per molti. Il soggetto principale, tuttavia, è la donna che dà il titolo (non del tutto azzeccato, secondo me) al libro, Maria Oliverio, tanto è vero che per circa metà è questo il focus della storia. Il racconto si basa su fatti storici ben precisi e documentati ma ne dà un’interpretazione non del tutto in linea con quanto avvenne. Nella realtà, la fuga della protagonista verso il brigantaggio fu probabilmente dettata da ragioni di ordine pratico, dovuta alle conseguenze di un gesto terribile che viene raccontato un po’ superficialmente; anche la formazione del protagonista maschile, il brigante Pietro Monaco, se ben raccontata nelle sue prime fasi (nei passaggi da carbonaio a soldato del re a volontario garibaldino a richiamato dall’esercito sardo), è un po’ troppo lineare rispetto allo zigzagare di Monaco da un punto all’altro della legalità a seconda di quanto gli conveniva fare. Poco romantico e poco patriottico. Sto quindi rimproverando all’autore di non essersi attenuto del tutto alla realtà dei fatti? Certo che no, visto che è un romanzo, e che comunque si legge volentieri. Ciò che invece mi stupisce è l’aver trascurato molti altri aspetti della vicenda reale che avrebbero potuto dare una spinta più avvincente (ad es., la sorella Teresa, trattata un po’ superficialmente risulta, nei documenti, “donna di perduta fama” e vera fetente: non si poteva sottolineare questo aspetto?). Non male, come lettura, ma nulla di epico come forse voleva essere.
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