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Considerato il principale successo di Machen, Il Grande Dio Pan viene pubblicato la prima volta nel Dicembre del 1894. Ne Il Grande Dio Pan Machen rimarca la connotazione negativa di Pan, andando a caratterizzare una figura oscura e malevola, i cui influssi inducono le vittime alla follia e all’autodistruzione. Basta scorgerne la sagoma o solamente sentirne parlare per perdere il senno e restare scossi a vita. La trama, ottimamente articolata, segue una complessa architettura a incastri. Personaggi e situazioni si avvicendano di capitolo in capitolo, salvo poi riallacciarsi poco per volta in vista della quadratura del cerchio. L’elemento costante invece, che funge da sfondo alle varie traversie, è la presenza di un male in agguato, elusivo e letale. Machen non intende chiarirlo più del dovuto, ma preferisce delegare alla fantasia del lettore la ricerca della chiave di lettura più appropriata. Una tecnica efficace che, supportata da una prosa evocativa, riesce ad avvincere per l’intero corso della storia. Terminata la lettura mi è venuto in mente un solo termine per giudicarla: capolavoro.
La realtà è ciò che vediamo o esiste un altro mondo, parallelo al nostro, di cui non sappiamo nulla? Come fare per verificare se la seconda ipotesi non è una pura invenzione? A questo provvede il Dr. Raymond con un intervento chirurgico che, modificando la struttura del cranio di una giovane volontaria, innesta un terzo occhio al fine di poter vedere questo mondo nascosto. L’intervento riesce e la ragazza resta scioccata, terrorizzata per quello che ha visto. Questo si potrebbe definire l’antefatto, ma il romanzo fornisce uno sviluppo della trama, teso a trasmettere al lettore quel fremito misto di paura e di curiosità che è proprio del genere horror che non è certo fra i miei preferiti. Tuttavia, di fronte a qualcosa che non ha solo lo scopo di stupire, ma di rintracciare in noi quella perversità che è propria della bestia ho continuato a leggere, ammetto con un certo piacere. Senza descrivere altro della vicenda, a tutto beneficio del lettore, ritengo opportuno fare alcune considerazioni.. Siamo nell’epoca del famoso Dr. Jekyll e Mr Hyde e non è un caso se nell’Inghilterra vittoriana sorgono simili opere, volte anche a smascherare quell’aspetto di puritanesimo degli anni della Regina Vittoria. Non c’è di peggio, infatti, che nascondere o non far vedere, per incuriosire chi osserva, per fargli pensare che il mondo non è così, ma che dietro le convenzioni c’è ben altro e magari qualcosa di violento ed estremamente trasgressivo. Il Dio Pan – così il Dr. Raymond chiama questa realtà parallela – era una divinità pagana con tendenze orgiastiche che non mancano nel libro di Machen e che suscitarono all’epoca grande scandalo. Peraltro, l’aspetto trascendente dell’opera è riscontrabile anche nel concetto che il nostro mondo è solo illusione e che la verità autentica va ben oltre, in un orrore cosmico che vede presenti divinità naturali, esistenti ancor prima che comparisse l’uomo, divinità di cui Pan è l’ambasciatore, il messaggero o il rappresentante supremo, comunque vogliamo chiamarlo, perché ha dentro di sé il significato di ogni cosa, ogni istinto umano, l’anima e il respiro della natura. È una visione ben contrapposta a quello del Dio della nostra religione, nel senso anche che a certe condizioni è tangibile, come accade con l’esperimento del terzo occhio. E questa compenetrazione in lui di istinti umani e di essenza della natura ne fa un essere a cui inconsciamente somigliamo, soprattutto quando diamo libero sfogo a pulsioni soffocate da quel mondo di parvenza che ci siamo costruiti. Non è un romanzo per tutti, nel senso che dobbiamo, per leggerlo, aprire un terzo occhio virtuale guardando dentro di noi, andando a cogliere quanto più di nascosto e di innominabile celiamo. Così come il mistico si abbandona al crescente pulsare della fede, per vedere il nostro Dio Pan dobbiamo dimenticare dove siamo e quel che siamo; é ovvio che non è strettamente necessario un simile esercizio per leggere il libro, ma è indispensabile per trarne i frutti una volta terminato. Poi ognuno può apprezzare lo sviluppo della vicenda, appagarsi anche con le scene orgiastiche, ma questo non era il fine di Machen che voleva invece che ognuno potesse vedere il suo Dio Pan. Il romanzo è di per sé abbastanza breve, ma nell’edizione in mio possesso (Tre Editori, Roma, 2016) c’è una corposa seconda parte intitolata Appunti su alcune fonti di Arthur Machen, curata da Alessandro Zabini, di grande aiuto per la comprensione dell’opera, così come propedeutici alla stessa ed egualmente utili sono la prefazione dell’autore e un breve articolo (Arthur Machen e la paura cosmica) scritto da Howard Phillips Lovecraft. Ma non è finita, perche questa edizione è di notevole completezza, ricomprendendo un ragguardevole saggio (Il risveglio della selva) di Susan Johnston Graf e una breve, ma completa antologia panica, in cui sono presenti altri saggi, prose e poesie di diversi autori, ma tutti nomi noti, perché si va da Plutarco a Pessoa, a Pascoli, tanto per citarne alcuni. È quindi evidente che l’argomento ha sempre interessato, dall’antichità a oggi, e del resto Pan c’è sempre stato e sempre ci sarà. Da leggere, senza dubbio.
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