La gloria
di Vladimir Nabokov
Nella sua cameretta, sulla parete sopra il letto, «era appeso l'acquerello di un fitto bosco con un sentiero serpeggiante che si perdeva nelle sue profondita`»: e Martin aveva la precisa sensazione di esservi saltato dentro, una notte, esattamente come il protagonista della fiaba inglese che la madre gli leggeva da bambino. L'acuirsi insopportabile della sensibilita`, l'attrazione magica e perentoria verso cio` che e` lontano, proibito, vago – verso «qualsiasi cosa tanto indistinta da stimolare la sua fantasia a definirne i particolari» –, il richiamo dell'impresa valorosa e del fulgido martirio saranno per sempre il suo stemma araldico. «Martin e` il piu` gentile, il piu` retto, il piu` commovente di tutti i miei giovani uomini» ha scritto Nabokov, aggiungendo anche, inoppugnabilmente, che Sonja, la civetta capricciosa e spietata che incanta Martin, «dovrebbe essere celebrata dagli esperti di sapienza e allettamenti erotici come la piu` attraente, seppure in modo singolare, fra tutte le mie giovani donne». E la ragione e` chiara: Martin e` uno di quegli esseri rari a cui solo dei sogni importa, e che – forse per vincere un'amara sottostima di se´ o la devastante paura di non avere talento – devono realizzarli. Lo scopriremo seguendolo, esule della rivoluzione bolscevica, dalla Crimea alla Svizzera, da Cambridge a Berlino, sino all’incalzante finale: e quando, con una prodezza che e` insieme un gioco di prestigio del mago Nabokov, Martin saltera` di nuovo nel quadro della sua infanzia, rimarremo li`, su quel sentiero serpeggiante, soli, e in preda a una sottile malinconia. )
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