I giorni di Vetro

Romanzo che narra una vicenda verosimile, ambientata in Emilia negli anni del ventennio fascista e della guerra. Protagonista è Redenta, colpita dalla polio da bambina che con la sua forza infinita accetta tutto ciò che la vita le riserva e non smette mai di lottare, così come hanno fatto sua madre e sua nonna tra la fame, la paura, la violenza domestica e poi la guerra. Ognuno con le proprie battaglie da combattere. Altra voce narrante è quella di Iris, figlia di una maestra che ha scelto di insegnare a Tavolacci, una frazione montana, tristemente nota per l'eccidio compiuto nel 1944. La giovane si unisce, quasi per amore, alle brigate partigiane emiliane e ne rappresenterà la forza e la debolezza insieme. E l'amore e la morte sono ovunque. Le due storie sono drammaticamente destinate a incrociarsi, a causa di uno spietato gerarca soprannominato Vetro, per non dimenticare, ancora oggi, cosa sono stati il fascismo, l'occupazione e la Resistenza. Romanzo scritto in modo scorrevole, ma non banale, adatto nel contenuto a una tradzione cinematografica ""E' pieno di italiani che si camuffano da tedeschi per incutere più timore. I fascisti sono ancora qui e sono feroci, decisi, agguerriti come non mai. La breve speranza che qualcuno ha provato per l'8 settembre è una beffa, un ricordo, uno scherzo amaro del tempo. Gli Alleati si trovano a migliaia di chilometri, migliaia di giorni, migliaia di morti. Migliaia di avvenimenti così devastanti che è impossibile anche solo immaginarli"

Un romanzo davvero ben scritto per raccontare gli anni funesti del fascismo e della guerra, attraverso le storie di personaggi intensi e sorprendenti quali Redenta ed Iris. Lo stesso indugiare sul sadismo del gerarca Vetro altro non è che un monito a ricordare quanto imprevedibili e folli possano essere le conseguenze di qualsiasi regime autoritario.

Un testo magistrale, inteso nel senso di un romanzo che spiega, meglio di ogni saggio specifico, cosa e come è stata un’epoca tra le più importanti, ed infauste, della storia del nostro Paese. Racconta nei fatti, anzi fa raccontare dalla viva voce di testimoni diretti, seppure romanzati, i giorni dolorosi dell’avvento del regime fascista, a far data dall’assassinio di Matteotti. Non è un libro di Storia, ma una raccolta di fatti fittamente intrecciati tra loro a costituire la Storia, inventa ma dice il vero, talora il verissimo, racconta luoghi, episodi, persone che costituirono la trama di quei giorni, su sui monti, autentiche cime tempestose, descrive con scrittura limpida, rustica, locale, con una elegante penna agreste e campestre, quanto realmente successo rivelato attraverso, guarda caso, un vetro, uno solo, però da ingrandimento, fedele, perfetto e senza sbavature, trasparente e veritiero. Protagonisti principali sono l’orfano Bruno e la stupenda, splendida, luminosissima Redenta, la gemma, la perla, il monile più bello e delizioso dell’intero romanzo, la sola che non è di vetro banale. In punta di piedi, tranquilla, schiva, silenziosa e attenta, da tutti detta sfortunata e meschina perché tra l’altro colpita dalla polio che le renderà impedita in una gamba, è lei sola l’anima intelligente, il fulcro amorevole, l’epopea eroica di quei giorni, in quei luoghi, con quelle persone, la sola a fronteggiare, con coraggio sovrumano, il Male, facendosene carico di persona, e redimere tutti gli altri da quello. La sola a comprendere una grande verità della vita, che il più delle volte se noi stiamo bene non è per merito o per virtù ma perché a qualcun altro tocca stare male al posto nostro. È grazie a lei, e a quelli come lei, che ai giorni della merla, infatti, freddissimi, di ghiaccio, di gelo, di vetro, segue sempre l’estate di san Martino.