Regista e produttore statunitense. È il fondatore della «Factory», la celebre casa di produzione divenuta un crogiuolo di idee e di invenzioni, una specie di inarrestabile macchina da cinema che ha allevato e imposto una nutrita schiera di cineasti – da F.F. Coppola a M. Scorsese, da J. Nicholson a M. Hellman, da J. Dante a J. Demme, a molti altri – che si sono distinti per il gusto della ricerca linguistica e un grande senso dello spettacolo. Appena finita la guerra, studia alla Stanford University, poi a Oxford in Inghilterra e subito dopo inizia a collaborare con la 20th Century Fox come revisore dei soggetti. Nel 1954 il suo nome appare per la prima volta nei «credits» di un poliziesco, FBI Operazione Las Vegas di N. Juran. Successivamente scrive, sceneggia, dirige e produce oltre un centinaio di film, innovando i sistemi di finanziamento, sconvolgendo i tempi di realizzazione e, soprattutto, sperimentando linguaggi nuovi e talenti freschi: una massa di B-movies sempre in grado di cogliere le pulsioni sotterranee del pubblico americano e di anticipare largamente Hollywood, film non scevri da cadute di gusto, e tuttavia capaci di raggiungere anche straordinari livelli, come è il caso delle opere tratte da E.A. Poe. Al famoso La rovina della casa degli Usher è infatti ispirato I vivi e i morti (1960), che rappresenta una sorta d'accelerazione nella sua carriera, con critiche entusiastiche e grande riscontro di pubblico: C. mostra una mano registica magistrale, un uso del colore altamente espressivo e una direzione degli attori molto efficace (straordinaria l'interpretazione di V. Price). Il film è nettamente superiore a qualsiasi produzione media di serie B, con un'atmosfera rarefatta, un'angoscia sottile e un senso di lunare terrore. In seguito gira altri sei film dalle opere di Poe, esplorandone lo humour nero-grottesco e trovando una vena di sottile comicità. Colto e raffinato, capace di pensare per immagini e con il tocco di classe del maestro artigiano, dirige in seguito film graffianti, acidi, capaci di scavare nel fondo torbido del grande corpo americano, quali il pamphlet antirazzista L'odio esplode a Dallas (1961), I selvaggi (1966), sulle pulsioni naziste di certe bande di motociclisti, oppure Il serpente di fuoco (1967), sulla diffusione delle sostanze allucinogene nei roventi anni '60. Pratica anche nervose incursioni nel gangster-movie con Il massacro del giorno di San Valentino (1967) e Il clan dei Barker (1970), ma ritorna all'horror con Frankenstein oltre le frontiere del tempo (1990).