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Anno edizione: 1981
Anno edizione: 2020
Peter Altenberg apparve nella Vienna fine secolo come una strana pietra caduta dal cielo, ma composta di materiale affine al terreno su cui era capitata. Karl Kraus e Hugo von Hofmannsthal, allora giovanissimi e già del tutto opposti, concordarono però subito nel riconoscerlo e onorarlo: entrambi sentirono fin dall’inizio il suono giusto di Altenberg, nei suoi vividi schizzi, nei suoi romanzi che durano pochi secondi, nelle sue arabescate divagazioni, nel suo «stile telegrafico dell’anima». I libri di Altenberg si presentavano come la somma di tanti foglietti, per lo più vergati rapidamente al caffè, che dovevano contenere altrettanti «estratti di vita». Il dono più evidente che mostravano era l’immediatezza, la capacità di evocazione istantanea. Ma era solo una certa vita, certi luoghi, certe scene, certi personaggi che facevano vibrare quella prosa: un lungolago abbandonato o il giardino di un caffè concerto, una bambina stupenda e annoiata accanto ai genitori, un pianoforte che suona dietro una finestra aperta, una soubrette dalla inesplicabile grazia, una conversazione fatta di inezie che sottintendono cose terribili, un punto del Prater, la fotografia di una ragazzina nuda... In tutto questo Altenberg riconosceva quella zona della vita a cui egli stesso totalmente apparteneva: il suo eccesso inutile, la sua schiuma iridata. Come eterno feticista e cantore di quella vita, che sempre più minacciava di essere soffocata dallo «strisciante ‘necessario’», Altenberg sedeva per ore al caffè, lanciava fulmini di condanna ed enormi insolenze, si confidava con vetturini e prostitute, adorava fanciulle che dovevano restare mute per non guastare l’incanto. Chi lo conobbe, chi lo ammirò in quegli anni – e non solo Kraus e Hofmannsthal, Polgar e Loos, dei quali pubblichiamo qui le memorabili testimonianze, ma anche Alban Berg, che mise in musica alcune «cartoline illustrate» di Altenberg – ci ha lasciato di lui immagini di una eccentrica grandiosità. «Non c’è punto fermo migliore di questa inattendibilità» scriveva Kraus. Nella costellazione della «Vienna del linguaggio», Altenberg è l’elemento più imprevedibile e stravagante, lo scrittore che non sondava alcuna «crisi dei fondamenti» se non quella della vita stessa, di cui sempre si mostrò eccessivamente innamorato, come soltanto può un «invalido della vita», tarlato dall’ipocondria e dall’angoscia. Ma la sua voce affascinò totalmente i suoi celebri amici, e continua ad affascinarci oggi, come quella di una irriducibile infanzia. Hofmannsthal lo avvertì: «Sentirsi bambini, comportarsi come bambini è l’arte commovente degli uomini maturi».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bellissimo libro questo e grande letteratura!! Altenberg è un acuto osservatore del suo tempo, un fine poeta, uno “scomodo” personaggio che fa della sua arte strumento per criticare, riprendere i costumi del suo mondo, magari in modo bonario e non così veemente come l’amico Karl Kraus. E le sue critiche sono fatte con una grazia , direi quasi femminea, con il tono delicato, infantile proprio di chi è, come dice di lui Hofmannsthal , “….. innamorato della vita”, innamorato delle piccole cose dolci, come un canestro di frutta, una corona, un mazzo di fiori. Lo anima e lo sorregge una grande e profonda cultura artistica e letteraria della quale è ben consapevole. I suoi schizzi sono frammenti di vita, ora caustici ora dolci,ma sempre incisivi , dove si consuma la fine di un’epoca, di un mondo che fino ad allora sembrava granitico, indistruttibile ai suoi contemporanei, ma che aveva già dentro di sé i segni della crisi che di lì a poco diverrà così evidente!! Molti personaggi della Vienna che conta, anche noti, passano attraverso le sue pagine, rapidi come schizzi ma sempre ben delineati e caratterizzati, a volte mordaci o sarcastici, es quelli su Alma Mahler ma spesso poetici come i bellissimi pensieri su Schubert per esempio. Alcune sue “cartoline” sono talmente particolari da essere state musicate dal famoso compositore Alban Berg.
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