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Ebook di Francisco De Quevedo

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Francisco De Quevedo

(Madrid 1580 - Villanueva de los Infantes 1645) scrittore spagnolo.La vita Seguendo l’esempio dei genitori (il padre, Pedro Gómez, segretario dell’imperatrice Maria d’Austria e, più tardi, della regina Anna d’Austria, moglie di Filippo II; la madre, dama d’onore della stessa regina), Q. visse a lungo a corte e vicino ai personaggi di maggior spicco del suo tempo, di cui cercò la protezione, e operò anche come uomo politico e diplomatico, sentendo sempre l’attrazione del potere. Dal 1596 al 1600 studiò umanità classiche, lingue moderne e filosofia all’università di Alcalá de Henares. Un anno dopo, quando il duca di Lerma trasferì la sede della corte, Q. lo seguì a Valladolid, dove studiò teologia fino al 1604. Risale a quell’epoca il suo carteggio con l’umanista fiammingo Joest Lips, che su di lui esercitò un’influenza non trascurabile. Nel 1606 la corte tornò a Madrid e Q. vi rimase per alcuni anni, dedito alla poesia (già nel 1603 era stato presentato nell’antologia di Pedro de Espinosa).Diventato amico del duca di Osuna, viceré di Sicilia e poi di Napoli, nel 1611 l’accompagnò in Italia come consigliere. Inseritosi in numerose faccende della vita politica italiana, protagonista di eventi non sempre chiari, Q. tornò in patria nel 1616 per ottenere dal duca di Lerma la nomina dell’Osuna a viceré di Napoli. Ebbe quindi incarichi diplomatici in Sicilia e presso la repubblica di Venezia. La leggendaria congiura per annettere questa al regno di Spagna, nella quale si vuole che Q. si sia trovato coinvolto, magari anche come organizzatore, e la caduta dei suoi amici e protettori, segnarono una svolta nel suo rapporto con la vita pubblica. Q. fu condannato all’esilio, cioè a chiudersi nei suoi possedimenti alla Torre di Juan Abad. Nel 1621, dopo la morte di Filippo III, il conte duca di Olivares prese il controllo del potere, e Q. riuscì a godere nuovamente di favori ufficiali. Una poesia satirica sulla gestione del potere, trovata sotto il tovagliolo di re Filippo IV e attribuita a Q., provocò, nel 1639, una nuova condanna. Dal carcere di San Marcos, Q. uscì solo alla caduta del conte duca di Olivares. Malato, scelse il ritiro nelle sue terre.Intellettualismo di Quevedo. I saggi Saggista politico e morale, poeta di alte qualità liriche, scrittore satirico, degno di essere accostato a Rabelais, Voltaire, Swift, contemporaneo di Velázquez, di Calderón, di Góngora, Q. fu il rappresentante più tipico dell’epoca storica in cui visse. Il suo pensiero è determinato dal clima di disfatta creatosi nel suo paese, dalla crisi dell’umanesimo, da un tentativo, tutto suo, di conciliare essenza cristiana e tendenza stoica in un quadro di spietata, amara, e talvolta paradossale critica di costume.Q. è una delle grandi figure del barocco spagnolo. Il suo intellettualismo deriva da una condizione umana profondamente vissuta, sofferta, non più tollerata. Grande fu la sua capacità di rendere operanti le influenze letterarie. Plutarco, per esempio, è alla base della Prima parte della vita di Marco Bruto (Primera parte de la vida de Marco Bruto, 1631-44), discorso politico a giustificazione della monarchia. Il richiamo a Seneca e a Virgilio Malvezzi (di cui tradusse, nel 1631, il Romolo) è visibile nella sua saggistica teologico-filosofica: Politica di Dio e governo di Cristo (Política de Dios y gobierno de Cristo, 1626), La culla e la tomba (La cuna y la sepoltura, 1634), Virtù militante contro le quattro pesti del mondo e i quattro fantasmi della vita (Virtud militante contra las cuatro pestes del mundo y los cuatro fantasmas de la vida, 1634-35), Trattato della divina provvidenza (Tratado de la providencia divina, 1641), Vita di san Paolo (Vida de san Pablo, 1644).La prosa L’opera di Luciano offrì a Q. la linea fantastico-immaginaria dei Sogni, disamina della società che gli sta attorno: Sogni e discorsi di verità scopritrici di abusi, vizi e inganni in tutte le professioni e stati (Sueños y discursos de verdades descubridoras de abusos, vicios y engaños en todos los oficios y estados, 1627). Se i Sogni sono un viaggio nell’inferno quotidiano che sollecita un confronto con la pittura di Hieronymus Bosch, Q. raggiunge invece una straordinaria freschezza ironica nel romanzo picaresco Storia della vita del pitocco chiamato Pablos, esempio di vagabondi e specchio d’imbroglioni (Historia de la vida del Buscón, llamado Don Pablos, exemplo de vagabundos y espejo de tacaños, 1626), noto anche come Il pitocco. Una sintesi stilistica dei suoi testi maggiori è infine nel capolavoro L’ora di tutti e la fortuna con senno (La hora de todos y la fortuna con seso, 1635-36), in cui la simbologia si traduce in energica proposta morale.La poesia Oltre che un grande prosatore, una sorta di Joyce del suo tempo per il rigore strutturale della sua sperimentazione, Q. fu un poeta di eccezionale statura, assai superiore allo spazio concessogli dall’imperante concettismo: sia nei componimenti più leggeri (letrillas, romances, jácaras), che sono poi quelli che maggiormente contribuirono alla sua fama, sia nelle epistole, nelle satire, nei sonetti amorosi e morali (in cui si intravede la grazia acida di Marziale), Q. manifesta una robustezza espressiva e visionaria che fa di lui uno dei poeti più singolari e completi della letteratura spagnola. L’insieme dell’opera poetica di Q. fu pubblicata, dopo la sua morte, in due volumi: Il Parnaso spagnolo, monte suddiviso in due vette, con le nove muse castigliane (El Parnaso español, monte en dos cumbres dividido, con las nueve musas castellanas, 1648) e Le tre muse ultime castigliane, seconda cima del Parnaso spagnolo (Las tres musas últimas castellanas, segunda cumbre del Parnaso español, 1670). Q. scrisse molto, ma senza mai pensare all’opera compiuta, all’opera chiusa: anche in questo, pochi scrittori del passato risultano, oggi, così moderni.

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