(Londra 1819 - Coniston, Lancashire, 1900) critico d’arte inglese. Studiò a Oxford, dove nel 1869 fu nominato professore di storia dell’arte; nel 1884 fu costretto a lasciare la cattedra per motivi di salute. Dopo aver espresso le sue teorie estetiche in Pittori moderni (Modern painters, 1843-60), R. sviluppò le sue idee sui rapporti tra vita, arte, politica e società in due opere fondamentali: Le sette lampade dell’architettura (The seven lamps of architecture, 1849) e Le pietre di Venezia (The stones of Venice, 1851-53). Il graduale passaggio dagli studi sull’arte (in particolare sull’architettura) all’analisi delle sue relazioni con la realtà culturale e sociale condusse R. a muovere critiche aspre e sempre più esplicite alla civiltà industriale, alla quale contrapponeva, come esempio positivo, l’unità culturale del gotico. L’attacco al mercantilismo contenuto nei libri Fino all’ultimo (Unto this last, 1862) e Munera pulveris (1872) gli attirò l’ostilità di parte del mondo accademico. Tra le altre sue opere di questo periodo ricordiamo: i saggi sociali Sesamo e gigli (Sesame and lilies, 1865); La corona di ulivo selvatico (The crown of wild olive, 1866); le raccolte di lettere e di scritti polemici destinati ai lavoratori Tempo e stagione (Time and tide, 1867) e Fors clavigera (1871-84); l’autobiografia incompiuta Praeterita (1885-89). Scopritore dei pittori primitivi italiani, R. esaltò con grande forza retorica (nel miglior senso di questa parola), in uno stile lucido e puro, il mito di un favoloso medioevo gotico, fondato sulla cooperazione e sul bene comune. Egli intuì l’importanza dell’aspetto etico in ogni creazione artistica, e se nel campo sociale le sue teorie hanno spesso sapore utopistico, contengono in compenso una penetrante critica alla civiltà industriale.